La prima riunione del 2017 da parte della Banca Centrale Europea va in porto senza particolari novità, visto e considerato che a costituire oggetto delle principali delibere sono stati tassi e programmi di acquisto dei titoli invariati: pertanto, niente modifica del costo del denaro, e nessuna variazione da parte della strategia di quantitative easing, come peraltro ampiamente previsto dagli analisti. I tassi di interesse vengono quindi lasciati al minimo storico dello 0,00%, mentre quello sui depositi bancari viene mantenuto a – 0,40%, con quello di rifinanziamento marginale a 0,25%
Argomenti
Politica BCE super accomodante
Nel comunicato diramato a margine della riunione, la Banca Centrale Europea ha confermato le decisioni sul quantitative easing che aveva preso lo scorso 8 dicembre (prolungamento del piano di acquisti a tutto il 2017, ma con ritmi a 60 miliardi di euro al mese, e non più a 80 miliardi di euro al mese). L’istituto monetario si dice tuttavia anche pronto ad incrementare il piano di acquisti qualora l’andamento dell’inflazione lo ritenesse necessario. In particolare, si legge nella nota, se le previsioni dovessero divenire meno favorevoli o se le condizioni finanziarie non dovessero essere più “coerenti” con l’obiettivo di inflazione, il direttivo della Bce si ribadisce pronto per poter aumentare il programma di acquisti, sia per quanto concerne l’entità che per quanto riguarda la durata. Draghi ha poi precisato che vi sono degli aggiustamenti sulla possibilità di effettuare acquisti di titoli a rendimento negativo, sotto la soglia del tasso sui depositi (-0,40%) ad allargamento della platea di bond che potranno essere acquistati sotto il quantitative easing (in ogni caso, questi acquisti riguarderanno esclusivamente titoli pubblici).
La Germania guarda con sospetto
In merito al piano di quantitative easing, e al ritmo degli acquisti che potrebbe divenire più generoso se il l’andamento dell’inflazione dovesse deludere, la Germania è sembrata essere piuttosto scettica, tanto da guardare non certo di buon occhio le apertura di Draghi. D’altronde, l’inflazione annua nel mese di dicembre è stata pari all’1,7%, in crescita, e Berlino teme che l’andamento dei prezzi possa uscire dal controllo, con ciò che ne conseguirebbe per la stabilità della propria economia. Proprio per questo motivo i falchi tedeschi hanno domandato a Draghi di iniziare a indicare un piano per stringere gli acquisti: nessuno per il momento lo definisce apertamente come “tapering“, ma è chiaro che l’obiettivo di una parte del board sia quello di iniziare a parlare in maniera concreta della possibilità di disimpegnarsi.
Per il momento, però, Draghi sembra tenere la barra dritta. Il governatore nella conferenza stampa a margine del comitato dichiara che per il momento quel che serve è una politica monetaria molto accomodante, che possa supportare la crescita e il conseguimento degli obiettivi di inflazione che, per “statuto” Bce, deve puntare al 2% nel medio termine. Naturalmente, Draghi non ha escluso che si parlerà del tapering, ma ha comunque annunciato che non è il momento di discutere di questo tema, e che in ogni caso la materia andrà affrontata con prudenza.
Le mosse di dicembre sono state un successo?
Il governatore si è poi soffermato sulle decisioni prese a dicembre che, secondo il timoniere dell’Eurotower, avrebbero “avuto successo”, con contributo favorevole per le condizioni dei prestiti in favore a famiglie e imprese. Draghi dichiara poi di riconoscere che le prospettive sui prezzi sono al rialzo, e sulla base dei future dei prezzi del petrolio l’inflazione dell’eurozona potrà finalmente accelerare ancora nel corso dei prossimi mesi. Purtroppo, però, l’inflazione sottostante, calcolata al netto delle componenti variabili, faticherà molto per poter prendere il giusto ritmo.
Le Borse reagiscono positivamente
Alle dichiarazioni di Mario Draghi la maggior parte delle Borse europee ha reagito positivamente, incassando dunque bonariamente le parole di rassicurazione sulla necessità di una politica monetaria accomodante. Milano chiude quindi in aumento dello 0,69%, mentre le altre piazze finanziarie del vecchio Continente fanno peggio, con Londra in negativo per – 0,54%. Più freddo è invece il mercato dei cambi, con l’euro che chiude in lieve diminuzione a 1,0631. Lo spread tra i titoli di Stato italiani e i corrispettivi Bund tedeschi è stabile a 160 punti base, con rendimento dei titoli di Stato italiani sul mercato secondario all’1,99%.
Infine, per quanto concerne le materie prime, petrolio in aumento sopra quota 52 dollari al barile. L’oro scende dello 0,6%, retrocedendo poco sotto quota 1.200 dollari l’oncia.