Bene i dati macro e il petrolio: i mercati respirano (almeno un pò)

Giornata non certo povera di spunti, quella di ieri. Andando con ordine, val la pena ricordare la presenza di un utile spunto garantito dall’indice ZEW di ottobre, pubblicato in Germania, e cronologicamente la prima tra le indagini di fiducia ad essere pubblicata in Europa per il mese corrente.

Fiducia tedesca in miglioramento (….e quella europea?)

Ebbene, l’indice ZEW ha segnalato un miglioramento decisamente più ampio delle attese, confermando la prospettiva di una prosecuzione della crescita nei mesi autunnali. A livello puntuale il dato relativo alla situazione corrente registra un’accelerazione piuttosto marcata da 55,1 punti a 59,5 punti e sale al massimo degli ultimi nove mesi contro previsioni che lo vedevano stabile a 55,5 punti. Appare essere piuttosto forte e consistente anche il rimbalzo della misura relativa alle aspettative a sei mesi che balza da 0,5 punti di settembre a 6,2 punti e si colloca al di sopra del consenso di 4,0 punti. Sulla base dei valori statistici ora riportai, sembra dunque che tra gli investitori tedeschi intervistati non trapelino le delusioni legate allo scandalo Deutsche Bank e ai timori legati alla gestione di Brexit (per il momento sembra prefigurarsi una “hard Brexit“, anche se i mercati finanziari, a nostro giudizio, stanno scontando come scenario centrale quello di una “soft Brexit”). Del resto, il sondaggio presenta una elevata correlazione all’andamento dei mercati finanziari e sarà per questo importante cercare ulteriori riscontri nelle indagini di fiducia per le imprese in uscita nei prossimi giorni. Secondo i commenti forniti dall’istituto ZEW, i livelli attuali dell’indice appaiono coerenti con un’espansione intorno allo 0,5 per cento trimestre su trimestre per il PIL tedesco nel terzo trimestre.

Da quanto sopra, sono sorti degli importanti benefici anche sui mercati azionari. La fiducia delle imprese tedesche ha infatti supportato le Borse europee nelle ore successive alla pubblicazione, mentre i titoli del comparto energetico hanno subito degli arretramenti più o meno rilevanti dopo la pubblicazione delle dichiarazioni del ministro dell’Energia russo, Novak, che ha puntualizzato che Mosca non sta considerando al momento un taglio della produzione, ma solo di mantenerla al livello attuale.

Produzione petrolio: cosa succederà?

Tra i protagonisti della giornata di ieri c’è stato anche il petrolio: le quotazioni del greggio e delle risorse di base hanno vissuto nelle scorse ore un leggero ritracciamento, dopo i guadagni registrati sulla scia delle dichiarazioni russe in merito ad un possibile congelamento o ad una riduzione della produzione di greggio. Gli operatori nutrono alcuni dubbi riguardo al fatto che i paesi non Opec come la Russia possano effettivamente congelare o tagliare il proprio output petrolifero. E di fatti, a confermare tale presupposto, sono arrivate le parole del ministro dell’Energia russo, Novak, che ha già precisato come non vi sarà alcuna riduzione del livello produttivo ma, al limite, il mantenimento al livello attuale.

A questo punto, occorre osservare con specifica attenzione che cosa succederà al prossimo meeting Opec di Vienna. Le “voci” sostengono che si arriverà a una limatura della produzione del greggio. Tuttavia, riteniamo che la limatura non sarà sufficientemente produttiva di risultati positivi per l’equilibrio del mercato, sulla base di tre elementi: 1) si parla di una revisione al ribasso dei livelli produttivi, per soglie piuttosto contenute e dunque non certo significative; 2) in seno all’Opec permarranno notevoli divergenze di opinione rispetto al da farsi, e difficilmente alcuni membri come l’Iran si piegheranno alla scelta di ridurre le soglie di produzione (a proposito: cresce la curiosità per comprendere come saranno ripartite le quote di riduzione); 3) per poter riequilibrare un comparto così fortemente sbilanciato verso l’offerta, è necessario che anche i Paesi non Opec facciano la loro parte e, almeno per il momento, non sembra che vi sia l’intenzione di procedere in tal senso.

Cambi & co.

In un simile scenario, giova guardare brevemente a quel che è accaduto sul fronte dei mercati valutari e dei titoli di Stato. Per quanto concerne il Forex, la seduta di ieri è stata caratterizzata dal rafforzamento del dollaro statunitense che ha recuperato circa mezzo punto percentuale nei confronti dell’euro, nonostante i dati migliori delle previsioni pubblicati per l’Eurozona (e in particolar modo il già ricordato indice di fiducia delle imprese tedesche). Si tenga conto che la forza del biglietto verde è evidente anche contro le altre valute principali, e molte divise dei paesi emergenti. Bene anche il peso messicano degli ultimi giorni, apprezzatosi dopo la “vittoria” della Clinton nel duello televisivo con Trump. Nell’ambito commodities, il Brent resta vicino ai 53 dollari al barile mentre l’oro, dopo aver toccato un massimo di giornata ieri in area 1265 dollari, torna vicino a 1255 dollari oggi.

Infine, per quanto concerne i titoli di Stato, rileviamo una seduta non ricchissima di spunti per i titoli dell’area euro. Dopo una partenza in negativo nei primi scambi del pomeriggio sembrano prevalere gli acquisti seppur con movimenti in termini di tasso frazionali sia sui core che sui periferici (bene, in merito, il Portogallo, sulla scia delle indiscrezioni secondo cui l’agenzia di rating DBRS dovrebbe confermare il rating del paese, mentre per il mercato domestico i movimenti sono minimi). Per quanto concerne i rendimenti, il BTP a due anni quota in area -0,09% mentre il decennale si muove poco sotto l’1,4% con lo spread intorno ai 133 punti base.

Esperto di trading e finanza, mi dedico alla stesura di articoli accurati e informativi, con l'obiettivo di fornire approfondimenti e conoscenze utili per orientarsi nel complesso universo degli investimenti.

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