Dopo le maxi operazioni per poter diversificare la propria proposta nel retail, dopo essere entrato nel mondo dei crediti commerciali e dopo aver seminato decine di idee e partnership, una cosa sembra essere certa: Amazon può entrare in qualsiasi settore e, se decide di farlo con la propria intera potenza di fuoco, può scompaginare ogni equilibrio. D’altronde, difficile non avere “timore” di un colosso che capitalizza 450 miliardi di dollari, genera un volume di vendite da 140 miliardi di dollari l’anno e può gestire (very) big data.
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Sconti fino al 50% sui prodotti retail
Un esempio è stato offerto qualche giorno fa, quando – archiviato il perfezionamento dell’acquisto della catena di prodotti alimentari Whole Foods – il gruppo di Jeff Bezos ha reso noto la propria intenzione di voler ridurre i prezzi dei propri prodotti fino al 50%. Una mossa che alcuni operatori hanno legato all’avvenuta intesa tra Google e Walmart, ma che in realtà sembra essere più probabilmente in grado di generare pregiudizi soprattutto ad altri grossi nomi meno hi-tech, come Tesco o Carrefour, che di fatti hanno perso fino al 5% nella giornata successiva all’annuncio di Amazon.
Morire di Amazon si può?
Che di Amazon si possa “morire” se ne è resa conto anche la Bespoke Inv., un gruppo finanziario che tre anni fa ha iniziato a calcolare un indice ribattezzato “Death by Amazon”, e che è legato a un paniere di una cinquantina di società quotate sul listino statunitense S&P 1500 e che risulterebbero essere particolarmente esposte alla concorrenza esercitata dalla creatura guidata da Jeff Bezos.
All’interno del paniere ci sono tutti i principali gruppi della grande distribuzione come Walmart (recentemente alleatasi con Google anche al fine di contrastare la potenza di Amazon), Macy’s o Foot Locker che hanno grandi catene di magazzini ma non commercializzano marchi propri.
A dimostrazione della forza propulsiva di Amazon, oggi l’indice si trova su valori prossimi ai minimi storici, e solamente nell’ultimo anno ha perso quasi il 20%, con conseguente perdita di valore di circa 70 miliardi di dollari. Nello stesso frangente temporale le azioni di Amazon hanno invece guadagnato circa il 25% mentre il listino S&P 1500 è salito del 13%. Insomma, Amazon guadagna capitalizzazione assorbendo la forza dei concorrenti, posti sempre più alle strette da una potenziale aggressività che, per il momento, si è intravista solamente in parte.
Non contenta di quanto fatto, Bespoke ha poi elaborato anche un secondo indice, denominato “Amazon Survivor”. In questo caso ad essere inclusi nel paniere sono dei gruppi che devono cimentarsi con la competitività dell’e-commerce ma che hanno alcune leve da mettere in campo per poter resistere alle pressioni commerciali, grazie – magari – alla vendita di prodotti a marchio proprio (contrariamente a quanto avviene invece nel primo indice).
Ebbene, in tale ambito l’indice ha comunque posto a segno una prestazione negativa (-6%) ma ha dimostrato di poter resistere meglio rispetto alle società commerciali “pure”, che non hanno brand propri da vendere.
Gli effetti di Amazon sulle strade americane
In ogni caso, non sembra essere necessario scomodare gli indici di Bespoke per poter toccare con mano alcuni degli effetti che ben possono descrivere l’effetto Amazon sui concorrenti. Sebbene siano sussistite anche ulteriori concause, negli Stati Uniti le chiusure di grandi magazzini e di punti vendita oscillano a circa 4.000 unità tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, con un numero che dovrebbe arrivare a circa 9.000 unità entro la fine dell’anno, con emorragia di quasi 200 mila posti di lavoro.
Certo è che una parte di questi posti di lavoro persi sono poi riassorbiti dalle nuove assunzioni nel mondo dell’e-commerce, anche se c’è da scommettere che il saldo è comunque negativo.
Quali settori potrebbero cambiare a causa di Amazon?
A questo punto, è lecito anche domandarsi quali potrebbero essere gli altri settori che Amazon potrebbe impattare con particolare incisività , con una forza che potrebbe effettivamente rivoluzionare i propri fondamentali.
Il primo a finire nel mirino di Jeff Bezos potrebbe essere quello finanziario, considerato anche il fatto che Amazon vanta già un discreto posizionamento in esso. In alcuni Paesi (non lo è ancora in Italia), il gruppo è già erogatore di credito commerciale, offrendo il proprio servizio Amazon Lending per concedere finanziamenti alle Pmi che utilizzano la propria piattaforma. I volumi non sono ancora elevatissimi, ma in silenzio Amazon è già riuscita a erogare circa 3 miliardi di dollari, con prospettive di ulteriore incremento.
Sempre all’interno dei servizi bancari e creditizi, Amazon sta inoltre realizzando un proprio specifico sistema di pagamenti on line, entrando in competizione con PayPal e contribuendo ad assorbire risorse dal circuito bancario tradizionale (come stanno altresì facendo Facebook & co.).
Ma c’è da avere paura di Amazon? O bisogna accogliere positivamente tale concorrenza intersettoriale?