Come da ampie attese, la Bank of England ha scelto di lasciare i tassi di interesse di riferimento invariati al livello attuale dello 0,25% durante la riunione in programma per la giornata di ieri. Una decisione che è stata assunta con una maggioranza di 7 membri favorevoli su 9 (i dissenzienti sono stati McCafferty e Saunders, che hanno scelto di votare per un rialzo immediato – e non è una sorpresa, considerato che hanno replicato per tale atteggiamento per la terza volta di fila), ma la vera novità importante che emerge dall’esito del meeting è che l’istituto ha indicato per la prima volta in maniera formale la possibilità di andare incontro a un’anticipazione del primo rialzo.
Nel verbale emesso al termine della riunione si legge infatti chiaramente come la maggioranza dei membri dell’istituto abbia ritenuto che, nell’ipotesi in cui l’economia dovesse continuare a seguire un positivo sentiero coerente con la prospettiva di “una erosione della capacità inutilizzata e una graduale salita delle pressioni inflazionistiche sottostanti”, diverrà molto probabilmente “appropriato” rimuovere una parte dello stimolo monetario già nel corso dei prossimi mesi, in maniera tale da agevolare il ritorno dell’inflazione, in maniera sostenibile, su livelli congrui con il target.
Sempre all’interno della riunione, la BoE ha inoltre ripetuto che tutti i membri ritengono che se l’economia seguirà approssimativamente il sentiero tracciato nell’Inflation Report di agosto, potrebbe rendersi necessario procedere verso una stretta della politica monetaria in misura maggiore rispetto a quanto attualmente scontano i mercati.
A questo punto, gli analisti si sono concentrati nel cercare di comprendere che cosa farà la BoE da qui a fine anno, e se nei prossimi mesi (e comunque entro la riunione di dicembre) l’istituto londinese procederà realmente a effettuare un primo rialzo dei tassi, o rinvierà una simile decisione la futuro.
Il meeting che viene ora messo nel mirino degli osservatori è quello del prossimo 2 novembre, quando verrà peraltro pubblicato il nuovo Inflation Report, che conterrà le proiezioni aggiornate sulla crescita economica e sull’inflazione. Anche se la maggioranza degli analisti ritiene che anche in quella occasione non si verificherà un nulla di fatto, cresce la quota di chi non esclude che la BoE effettivamente metterà mano al benchmark.
In realtà, se la prudenza è così elevata in relazione al meeting di novembre, la motivazione è probabilmente da ricercarsi sull’incertezza alimentata sul fronte Brexit, che l’istituto monetario valuterà con crescente attenzione prima di assumere con troppa leggerezza (o quasi) la scelta di aumentare i tassi. In sintesi, affinchè la BoE scelga di incrementare i tassi entro fine anno, si renderà necessario toccare con mano un sostenibile quadro di crescita (o, per lo meno, che l’attuale ritmo di sviluppo non peggiori) e, ulteriormente, che i negoziati con l’Unione Europea su Brexit si evolvano positivamente. Nel caso in cui queste condizioni dovessero verificarsi, il rialzo dei tassi potrà realizzarsi nell’ultimo trimestre 2017 o, in caso di atteggiamento ultra prudente, nel primo trimestre del 2018.
Su tali spunti, ieri la sterlina si è apprezzata ampiamente, tanto che l’esito della riunione BoE ha spinto la valuta britannica contro dollaro statunitense da minimi in area 1,31 a massimi in area 1,34 GBP/USD, e ha portato la valuta contro euro da 0,90 a 0,88 EUR/GBP. Se nelle prossime settimane diverrà sempre più probabile un possibile intervento di rimozione degli stimoli mediante incremento dei tassi, la sterlina potrebbe intraprendere con maggiore convinzione il suo percorso di apprezzamento contro dollaro. Nel breve termine attenzione ai probabili ritracciamenti, determinati perlopiù dall’incertezza sul fronte dei negoziati di Brexit, più difficili del previsto, e in ripresa dal prossimo 18 settembre.