Nel corso delle ultime ore è finalmente emerso qualche segnale incoraggiante sul fronte della crescita dell’eurozona, che si fa più rapida e consistente. Merito, principalmente, della pubblicazione dell’indice PMI composito, che è riuscito a salire a 53,7 punti da 52,6 punti a ottobre, oltre le previsioni dei principali analisti, e andando in tal modo a recuperare (e non solo) il calo di settembre e portandosi ai massimi da gennaio.
La Germania traina l’eurozona
Il miglioramento è spiegato prevalentemente dalla Germania, con l’indice composito nazionale che è salito a 55,1 punti da 52,8 punti: ovvero, un balzo di 2,3 punti in un solo mese, che ha condotto l’indicatore ai massimi livelli da novembre 2015. Delude, ma solo parzialmente, il dato francese: qui il PMI composito è calato di mezzo punto a 52,2 punti da 52,7 punti, ma rimane comunque sui massimi da inizio anno ad oggi.
A livello settoriale il miglioramento è spiegato in larga misura dai servizi con l’indice euro zona che è salito a 53,5 punti da 52,2 punti, grazie al robusto aumento dell’indice tedesco a 54,1 punti da 50,9 punti che ha più che compensato il calo dell’indice in Francia (a 52,1 punti da 53,3 punti). L’ andamento del PMI servizi tedesco non sorprende più di tanto, dal momento che il recupero di ottobre riporta l’indice su livelli più coerenti con le indicazioni dall’IFO e in generale con i fondamentali più che solidi dell’economia tedesca. La novità è che le indagini PMI di settembre e ottobre segnalano una riaccelerazione del manifatturiero, in particolare tedesco, dopo che il comparto era rimasto in una semi stagnazione nella prima parte dell’anno. Il miglioramento è diffuso sia in Germania che Francia.
Il PMI manifatturiero dell’eurozona è salito ad ottobre a 53,3 punti da 52,6 punti grazie ad un ulteriore aumento dei nuovi ordini. Per il mese prossimo non è chiaro se il comparto manterrà il ritmo attuale o segnerà un rallentamento, dal momento che le aziende da un lato segnalano un aumento del ritmo di acquisto di prodotti intermedi dall’altro riportano un aumento delle giacenze in magazzino. L’indice occupazionale PMI composito è salito ai massimi del 2011, a 52,5 punti. Pertanto, riteniamo che nel 2016 il ritmo di creazione dei nuovi posti si attesterà attorno all’1,3 per cento anno su anno. L’indice prezzi pagati è cresciuto a 54,3 punti da 53,5 punti sulla scia della risalita del prezzo dell’energia. Mentre l’indice prezzi praticati è salito meno dell’indice prezzi pagati ma è comunque ritornato sopra 50 punti, a 50,5 punti, per la prima volta dal 2011. Le pressioni sui prezzi interni rimangono contenute ma la tendenza disinflazionistica sembra essersi attenuata.
Cosa accadrà al Pil
Alla luce di quanto sopra, l’indagine flash di ottobre sembra suggerire che il PIL dell’eurozona potrebbe crescere di 0,44 punti percentuali trimestre su trimestre nei mesi finali dell’anno, in accelerazione da 0,34 punti percentuali trimestre su trimestre atteso per il terzo trimestre. Se confermato, il 2016 dovrebbe vedere un PIL all’1,6 per cento, lievemente sopra le attese dei principali analisti internazionali. Di conseguenza, c’è da ricordare come una chiusura più forte delle attese per il 2016 potrebbe spingere la crescita 2017 a 1,4 punti percentuali da 1,3 per cento attualmente stimato.
Cosa farà la BCE
A questo punto, giova spingersi ulteriormente avanti, e domandarsi quali riflessi potrebbero avere segnali indicanti un’accelerazione della ripresa nell’eurozona, sull’outlook per la BCE, dato che le mosse future restano formalmente dipendenti dall’evoluzione dei dati. Anche nel caso in cui i dati apparissero migliori delle attese, i rischi per lo scenario di crescita rimarrebbero comunque orientati al ribasso, influenzati dal fitto e incerto calendario elettorale europeo, da un possibile impatto della svalutazione della sterlina sui flussi commerciali dell’eurozona e dallo stato dell’economia cinese. Un eventuale prolungamento degli acquisti oltre marzo 2017 (scenario che sembra attualmente essere quello centrale, con “nuovo” termine a settembre 2017) avrebbe più vantaggi che costi, più che giustificando un eventuale surriscaldamento dei prezzi dopo anni di inflazione al di sotto del target. La decisione se estendere o meno l’APP rimane politica date le divisioni interne al Consiglio. Sarà, quindi, importante verificare le dichiarazioni dei membri del Consiglio nel prossimo mese e mezzo.
Per il momento, il primo il primo a parlare dopo la riunione di ottobre dalla BCE è stato Hansson, che ha dichiarato che “tutti gli aspetti del QE vanno riconsiderati attentamente”. Hannson, che voterà a dicembre, ha inoltre dichiarato che “non si aspetta revisioni sostanziali alle stime di crescita e inflazione a dicembre”. Tali dichiarazioni fanno ritenere che il Governatore della Banca di Estonia non sarebbe favorevole ad un’estensione dell’APP ai ritmi attuali. Hansson è un falco e più vicino alle posizioni del fronte tedesco del Consiglio.