Mai come negli ultimi giorni il numero 1 dell’Eurotower è sembrato deciso ad affermare la conduzione della propria leadership e della propria strategia monetaria, difendendosi dai falchi tedeschi. “Lavoriamo per mantenere la stabilità dell’Eurozona, non di Berlino. Noi obbediamo alla legge non ai politici” – ha tuonato sonoramente il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, respingendo al mittente qualsiasi velleità di accusa proveniente dai confini tedeschi.
E così, quella che avrebbe dovuto essere una tranquilla conferenza stampa successiva all’attesa riunione di politica monetaria della scorsa settimana (dove – come era ampiamente auspicato, Draghi ha deciso di non intervenire sui tassi di interesse di riferimento e sul Quantitative easing), si è trasformata in una imperdibile occasione per chiarire alcuni aspetti che stavano determinando una mediatica confusione intorno all’Eurotower.
Che le frizioni tra il presidente della Bce e i falchi tedeschi fossero evidenti era oramai cosa nota, ma non si era finora mai registrata, da parte di Draghi, una replica così articolata e spigolosa come quella di giovedì scorso. Una vera e propria presa di posizione netta e determinata, chiara e pungente, che ha rimesso al proprio angolo i fastidi tedeschi, mostrando una personalità e una chiarezza di intenti inequivocabile da parte di SuperMario.
Con un puntiglio che ha sorpreso i più, il presidente della Banca Centrale Europea ha così voluto puntualizzare quanto stava accadendo da tempo, affermando che i tedeschi, alla fine dei conti, sono quelli che hanno guadagnato di più dalla sua politica monetaria e che dunque non sembrano essere giustificate le critiche al proprio operato. A proposito di operato, i commentatori più attenti sottolineano che, probabilmente, ad aver dato fastidio a Draghi sarebbe stata l’allusione al suo passaporto italiano: come a dire che, per poter difendere quanto accadeva a casa propria, Draghi avrebbe condotto la Bce ad attuare una eccessiva strategia di allentamento monetario.
Dinanzi a simili accuse, oramai non più commentate come soffuse chiacchiere di corridoio, ma come voci sempre più presenti sui quotidiani berlinesi, Draghi ha puntualizzato: “Credete che se qui ci fosse un presidente non italiano si comporterebbe in modo diverso? Ebbene no, avrebbe fatto la stessa politica. Del resto lo ha ammesso anche il mio predecessore Jean–Claude Trichet: se fossi al posto di Draghi agirei come lui” – ha duramente replicato Draghi. Dunque, quella che doveva essere una conferenza stampa ordinaria e non priva di particolari spunti – si è detto – si è rivelata una conferenza stampa in cui Draghi ha dimostrato di essere realmente l’unico a tenere testa alla Germania.
Per quanto concerne gli effetti sui mercati valutari, la riunione della Bce non sembra aver portato particolari novità sulle evoluzioni del rapporto tra dollaro ed euro. Il cross valutario è così rimasto sostanzialmente invariato: segno che, presumibilmente, gli operatori stanno attendendo con maggiore enfasi quel che accadrà nella riunione della Federal Reserve il prossimo 26 e 27 aprile. Detto ciò, è bene anche ricordare che proprio questa riunione Fed non dovrebbe apportare alcuna novità: è molto difficile che la governatrice Janet Yellen abbia intenzione di modificare il livello dei tassi d’interesse considerato che le tensioni a livello locale e globale sono ben lontane dall’essere risolte.
Quanto sopra non deve tuttavia modificare l’impressione di un doppio rialzo dei tassi di interesse nel corso di questo 2016. Si tratta di una visione abbastanza prevedibile, allo stato attuale delle cose, ma suscettibile comunque di essere rivista in senso negativo. D’altronde, appena cinque mesi fa gli osservatori americani avrebbero scommesso su ben quattro rialzi dei tassi di interesse…