Grecia di nuovo alle elezioni anticipate: borse a picco, torna il pericolo spread

La situazione della Grecia torna a creare preoccupazioni importanti all’Europa e non solo. Il Parlamento di Atene non è riuscito ad eleggere il successore di Karolos Papoulias alla presidenza della Repubblica. Stavros Dimas infatti, il 73enne ex commissario dell’Unione Europea candidato dal governo destroide di Antonis Samaras, ha incassato soltanto 168 voti, per la nomina ne servivano invece almeno 180 sui 300 disponibili. In base alla Costituzione della Repubblica di Grecia, la mancata elezione del Presidente della Repubblica dopo 3 tentativi porta automaticamente entro 10 giorni allo scioglimento del Parlamento ellenico e quindi a nuove elezioni, che probabilmente si terranno il prossimo il 25 gennaio.

Il popolo greco si troverà quindi di fronte alle ennesime recenti elezioni anticipate, il cui risultato vedrà probabilmente (almeno questo dicono i sondaggi) il successo della sinistra di Syriza, in vantaggio sul centro destra di Samaras. Il movimento guidato da Alexis Tsipras (il cui solo nome semplicemente inserito nelle liste italiane è bastato per far rinascere l’estrema sinistra, o la vera sinistra, dipende dai punti di vista, anche in Italia), che vuole cancellare le attuali dimensioni dell’austerity imposte dalla Troika ed ottenere un taglio cospicuo di circa 303 miliardi sul debito greco, in mano per l’80% proprio a Bce, Ue e Fondo Monetario Internazionale. Per questo il movimento negli ultimi anni ha visto decuplicare i propri voti nel Paese.

La Borsa di Atene, già in flessione dell’8% prima del voto, è arrivata a registrare un calo la cui percentuale ha superato quota 10%, mentre i tassi sui titoli di Stato greci a dieci anni (ridiscesi fino al 5,5% soltanto lo scorso maggio) sono tornati alla spaventevole quota dell’11%. “Chiunque sarà eletto dovrà rispettare gli impegni (disastrosi per i cittadini della Grecia, ndr) presi dai precedenti governi”, ha sottolineato il ministro alle Finanze tedesco Wolfgang Schauble, ma i cittadini greci sanno bene che non sarà affatto così. Solo se sarà confermato Samaras, infatti, il suo governo si recherà subito presumibilmente davanti alla Troika per firmare entro fine febbraio, la data ultima fissata da quest’ultima per siglare l’accordo, la chiusura del nuovo piano di salvataggio da 240 miliardi della Grecia. Bce e Troika chiedono a gran voce nuovi tagli di spesa attorno ai due miliardi, nonostante la popolazione della Grecia sia già ridotta da tempo allo stremo, con tasse elevatissime, servizi inesistenti, pensioni bloccate e disoccupazione alle stelle. Il centro destra punta tutto però sulla polarizzazione della campagna elettorale (“Noi o loro, l’Europa o il caos”, è questa la frase ripetuta ovunque e continuamente dagli uomini di Samaras), ed è convinta che alla fine la paura porterà ad un ribaltamento dei sondaggi.
La vittoria eventuale di Alexis Tsipras, il leader molto carismatico della sinistra di Syriza, richiederà invece nuovi alleati, difficili da trovare in Parlamento, per poter governare, per poi dare vita però, stando alle sue intenzioni, ai primi provvedimenti di giustizia sociale: l’aumento delle pensioni, il ritorno della tredicesima per i pensionati poveri, l’aumento dello stipendio minimo, l’elettricità gratis per le famiglie non abbienti ed un nuovo impulso di investimenti pubblici per ricreare occupazione. Il partito Syriza è convinto che alla Ue non convenga comunque far uscire la Grecia dall’Euro e per questo, se messa alle strette, sarà costretta a fare concessioni, mentre i falchi di Ue e Bce si dicono certi che sarà lo stesso Tsipras a moderare i toni e le richieste in caso di vittoria alle elezioni. Un braccio di ferro che con ogni probabilità terrà con il fiato sospeso mercati ed Europa per tutto l’inizio del 2015. Auspicando che il risultato delle elezioni in Grecia spinga la Troika ad andare a farsi benedire, nella sua prepotente ed iniqua idea di governare i destini europei a proprio piacimento.

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