Alla fine, senza sorprese e (forse) senza rimpianti, la famiglia Agnelli ha fatto le valigie e si è trasferita in massa in Olanda. Così, almeno, è stato riassunto mediaticamente ed enfaticamente a margine dell’assemblea straordinaria degli azionisti di Exor, la cassaforte della famiglia piemontese, che ha approvato il progetto di fusione transfrontaliera per incorporazione di Exor Spa, la holding italiana, nella Exor Holding N.V., società di diritto olandese, che diventerà la holding dell’intero gruppo Exor, assumendo la denominazione di Exor N.V.. Il titolo rimarrà comunque quotato in Piazza Affari. Ma quali sono le ragioni di una simile operazione?
Argomenti
Exor in Olanda: i vantaggi per gli azionisti
Cominciamo con il ricordare che, ovviamente, l’operazione non è “neutra” sotto il profilo dei benefici fiscali, e che vi è pertanto qualcosa in più rispetto alla mera volontà di snellire l’organizzazione di gruppo. Sotto il profilo fiscale, infatti, il trasferimento in Olanda può garantire agli azionisti la possibilità di azzerare la tassazione sulle plusvalenze, che invece nel nostro Paese sono tassate al 5 per cento. Potrebbe sembrare una differenza non di rilievo (soprattutto, con uno sguardo ad aliquote molto più incisive) ma in realtà il gap è enorme: la holding fa infatti delle plusvalenze il proprio core business, essendo una “scatola” di partecipazioni societari, in grado di spostare capitali ingenti.
Exor in Olanda: nessun escamotage fiscale per gli Agnelli
Così non la pensano, invece, gli Agnelli. Il timoniere John Elkann ha prontamente spiegato che tale evoluzione è “assolutamente naturale” e che “i benefici sono chiari”, considerato che l’85% degli investimenti è in società olandesi (come quelli in Fca, Cnh e Ferrari) o detenuto mediante società olandesi (PartnerRe). Dunque, nessuna volontà di ridurre la propria pressione fiscale, quanto la volontà di ottenere “maggiori sinergie ed efficienze”. La guida sarà, insomma, totalmente olandese. La “nuova” Exor potrà godere di un sistema di voto speciale per poter favorire i soci storici, assicurando la maggioranza assoluta dei voti anche con una quota fortemente minoritaria.
Non sono mancate le risposte ancora più specifiche sulla polemica ingenerata da chi ritiene che lo spostamento di sede sia solamente una mossa per poter pagare meno tasse. “Ritengo un grande errore dare un valore simbolico a questa operazione e cercare di estrapolare delle storie fantasiose” – ha affermato Elkann, per poi ricordare come nel corso degli ultimi 10 anni il gruppo abbia ridotto la quota di partecipazioni in Europa dal 75% a un terzo del totale.
In aggiunta a ciò, il top manager di Exor ha specificato come la nuova holding olandese voglia adottare una formula societaria che sia allineata con quella dei principali investimenti, assicurando così la migliore efficienza e proponendosi di adottare una struttura del capitale sociale che possa favorire nel tempo la creazione di una solida base azionaria, premiando gli investitori di lungo termine, e incoraggiando gli investimenti di quegli azionisti i cui obiettivi – ha poi concluso Elkann – sono allineati alle strategie di lungo periodo del gruppo Exor.
Exor in Olanda: il nuovo sistema di controllo
Appena accennato, merita un piccolo approfondimento il richiamo al nuovo sistema di controllo che permetterà agli Agnelli di poter controllare l’intero gruppo muovendo le leve della nuova Exor. Per poter mantenere il controllo societario, infatti, Exor N.V. adotterà un meccanismo speciale che attribuirà 5 diritti di voto per ogni azione posseduta ai soci che deterranno le quote per almeno 5 anni e 10 diritti di volto per chi le deterrà almeno 10 anni. Insomma, un meccanismo oliato per poter permettere di detenere la maggioranza assoluta dei voti anche a chi, per 10 anni, riesce a controllare poco più del 5% del pacchetto azionario. Per il momento, però, non cambierà nulla, o quasi.
Exor in Olanda: verso un paradiso fiscale “nascosto”?
Fin qui, la cronaca degli ultimi giorni. Vi è tuttavia chi, non convinto delle parole dell’erede della famiglia Agnelli, ritiene comunque che l’operazione sia stata effettuata per pure motivazioni fiscali, ricordando ad esempio come circa l’80% delle principali aziende mondiali abbia sede in Olanda, una nazione che vive l’insospettabile contrasto di essere uno dei territori in grado di predicare la maggiore austerità e disciplina di bilancio e, dall’altra parte, applicare delle politiche fiscali che sono spesso accomunate a quelle dei principali paradisi fiscali.
È anche per questo – si noti – che i rapporti tra l’Olanda e la Commissione Europea non sono sempre pacifici. È la stessa Commissione, qualche tempo fa, ad aver storto il naso quando il governo olandese ha concesso particolari sconti a Starbucks, la nota multinazionale americana della ristorazione. E gli esempi, si intende, potrebbero continuare a lungo.
È d’altronde difficile trovare, nei confini a noi più prossimi, un Paese che permette di concordare un trattamento fiscale speciale direttamente con il Ministero delle Finanze: intese segrete, tanto che nemmeno il Parlamento può scoprire di che si tratta. Ma non solo: in Olanda le royalties non vengono tassate, rendendo questo territorio una miniera di soddisfazioni per tutte le società che ottengono la parte preponderante del proprio fatturato dallo sfruttamento dei diritti di un marchio o di un format produttivo, e che possono svolgere questo tipo di operazione in maniera del tutto “gratuita” (sotto il profilo fiscale).
Insomma, una contraddizione nelle contraddizioni. E, in fin dei conti, agli azionisti di Exor non dispiacerà di certo…