La Federal Reserve e la Banca Centrale Europea hanno da diverso tempo inaugurato un sentiero divergente nelle proprie politiche monetarie: la Fed ha tentato la strada di un rialzo dei tassi di interesse di riferimento, salvo poi rendersi conto che il percorso di apprezzamento dei tassi benchmark sarebbe stata più ardua del previsto; la Bce ha invece affermato in tutti gli idiomi che si rende disponibile ad acconsentire alle richieste di mercato, preparandosi a ritoccare ancora una volta la propria strategia di quantitative easing, potenzialmente in modo più consistente di quanto fatto finora.
Fed: timori crescenti sul futuro
Fatta salva questa breve premessa, possiamo affrontare quanto recentemente accaduto in seno alle due banche centrali in modo separato. Partendo dalla Federal Reserve, possiamo ricordare come i verbali della riunione del FOMC di gennaio abbiano confermato i timori di una buona parte dei partecipanti circa le possibili ripercussioni sullo scenario statunitense derivante dalla attuale (e futura?) turbolenza finanziaria, del rallentamento dell’economia cinese e delle pressioni verso il basso sull’inflazione dovute al petrolio.
Nelle dichiarazioni del mese scorso, all’interno del FOMC era diffusa la consapevolezza di un incremento dell’incertezza internazionale, e dell’emersione di crescenti rischi per lo scenario verso il basso. Gli stessi verbali riportavano poi che la maggior parte dei partecipanti pensava che “non ci fosse abbastanza evidenza” per determinare se il bilancio dei rischi fosse cambiato, ma “altri” (non quantificati) ritenevano che i rischi verso il basso fossero aumentati o che non fossero più bilanciati. Dai verbali emergeva poi che “diversi partecipanti” ritenevano che lo scenario dell’inflazione fosse diventato “più incerto o con rischi verso il basso”.
Da questo spunto, e dagli ulteriori spunti degli ultimi giorni, dal FOMC emerge altresì l’impressione che sia necessaria compiere una pausa nel sentiero del rialzo dei tassi di interesse, e non solamente per la già ricordata crescita dell’incertezza, o per la restrizione finanziaria, quanto anche per le pressioni verso il basso sull’inflazione core derivanti dal calo del prezzo del petrolio (e, in tal proposito, il sostanziale parziale flop dell’accordo sulla produzione tra Arabia e Russia non può che non aver giovato). Ad ogni modo, per ora l’ipotesi di un possibile rialzo rimane comunque sul tavolo del FOMC, anche se le probabilità si stanno riducendo, giorno dopo giorno. Insomma, la pausa nei ritocchi dei tassi di interesse sembra essere quasi certa, così come sembra essere quasi certo l’abbandono dell’ipotesi di 4 rialzi dei tassi per il 2016 (allo stato attuale delle cose, a nostro giudizio, 2 rialzi sembrano essere la chance più appetibile).
Alla riunione di marzo ci attendiamo pertanto una revisione verso il basso di crescita e inflazione. Dalla stessa riunione di marzo non dovrebbe invece emergere l’abbandono della strada di rialzo dei tassi (o, ancor meno, di futuri tagli), ma – comunque – di una presa di posizione attendista e possibilista.
BCE sempre più accomodante
Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, la BCE sembra voler mostrare al mondo un atteggiamento sempre più accomodante e, soprattutto, sempre più coeso all’interno del proprio Consiglio circa la valutazione della situazione generale. I verbali dell’ultimo mese affermano che c’era “ampio consenso” sul fatto che “i rischi verso il basso per lo scenario erano aumentati di nuovo”, per effetto della crescente incertezza sull’entità del rallentamento delle economie emergenti, della volatilità sui mercati e dei maggiori rischi geopolitici, nonché per il restringimento delle condizioni finanziarie.
Il Consiglio era inoltre d’accordo sul fatto che il profilo di inflazione fosse soggetto a rischi verso il basso non solo per effetto del nuovo calo del prezzo del petrolio, ma anche per la debolezza dei prezzi interni. Sulla base di ciò, alcuni membri del Consiglio ritenevano che “fosse opportuno agire d’anticipo” senza aspettare il materializzarsi dei rischi emergenti, ma “un commento è stato anche fatto che sconsigliava di adottate un approccio risk-based”.
I verbali sottolineano altresì come il Consiglio fosse concorde nell’adottare una comunicazione che fosse adeguata a rassicurare i mercati circa la determinazione dell’istituto monetario nel rispettare il mandato di stabilità dei prezzi nel medio periodo, ma evitando di alimentare delle aspettative eccessive. A nostro giudizio, questo passaggio è un chiaro riferimento a quanto avvenuto a dicembre, quando sembrava imminente il varo di un “nuovo” quantitative easing, poi ridottosi a una lieve revisione.
Infine, dai verbali emerge come alcuni membri abbiano ritenuto ammissibile un periodo di inflazione sopra il target dopo anni al di sotto del 2%, riaffermando poi l’impegno della Banca centrale europea al raggiungimento del proprio mandato nel medio periodo. Al prossimo meeting del consiglio direttivo, ci attendiamo pertanto la scelta di aumentare lo stimolo monetario.