Archiviato il rialzo dei tassi verificatosi nel FOMC di dicembre e attendendo le prime novità sulle misure fiscali che l’amministrazione Trump avrà modo di diramare, è giunto il momento di comprendere in che modo la Federal Reserve si sta avvicinando al clou del primo trimestre dell’anno. Un momento che, se per la BCE è di non eccessivo rilievo, considerato che l’Eurotower sembra aver tracciato già la sua rotta fino ad almeno l’estate 2017, per la Fed è invece momento di forti riflessioni e di significativi impulsi strategici. Ma quali saranno le valutazioni che l’istituto monetario andrà a formulare nei prossimi mesi?
L’economia americana va a gonfie vele
Per il momento, non possiamo che cercare di leggere tra le righe delle dichiarazioni dei principali membri dell’istituto monetario federale. Negli scorsi giorni, ad esempio, Dudley (della Federal Reserve di New York) ha dipinto un quadro ottimistico per l’economia americana, sottolineando che il rischio di una svolta ciclica causata dalla Fed è minimo. Secondo Dudley, questa ripresa è “giovane” in termini di salute della situazione delle finanze delle famiglie, anche se è una delle più lunghe del secondo dopoguerra.
In aggiunta a ciò, Dudley ha sottolineato che “l’inflazione semplicemente non è un problema”, e verrà frenata dall’apprezzamento del dollaro, mentre la pressione derivante dall’esaurimento delle risorse inutilizzate aumenterà “in modo piuttosto lento”. Le parole di Dudley sono coerenti con un sentiero di rialzi molto graduale: anche se non si è parlato di ciò, la sua visione sembra coincidere con l’orientamento dell’istituto per tre rialzi nel 2017, da distribuirsi in maniera graduale (ma difficilmente il primo avverrà entro marzo). Il presidente della NY Fed non ha invece fatto alcun riferimento alla questione relativa al reinvestimento dei titoli in scadenza, mentre in alcuni discorsi del 2016, Dudley aveva sottolineato che è ragionevole proseguire con il reinvestimento delle scadenze “fino a quando la normalizzazione del tasso dei fed funds non sia ben avviata”, anche se ha riconosciuto che questa è una definizione alquanto vaga. Infine, secondo Dudley, la fine dei reinvestimenti equivale a restrizione monetaria, il cui “impatto sulle condizioni di mercato sono difficili da valutare, in assenza di precedenti storici”. La regola generale dovrebbe essere quella di avere un livello dei tassi che dia “munizioni” in caso di svolta ciclica negativa e di necessità di espansione monetaria. Anche se non si possono dare soglie valide ex-ante, Dudley aveva indicato un possibile intervallo intorno a 1-1,5%.
Pieno impiego vicino
Un altro aspetto molto importante sul quale è certamente opportuno soffermarsi è quello dell’occupazione, uno dei 2-3 perni sui quali i dossier della Federal Reserve si sono sempre attenzionati con particolare incisività. In tale ambito, Brainard ha recentemente dichiarato che l’economia statunitense ha fatto ottimi progressi e che la piena occupazione si sta avvicinando; in particolare, vede buoni motivi per un’espansione rapida dei consumi e degli investimenti. Secondo Brainard, la politica fiscale sarà un fattore di incertezza rilevante, a cui la Fed risponderà man mano che arriveranno maggiori informazioni, aggiustando il ritmo dell’aggiustamento monetario.
Ancora più esplicito è stato Williams (della Federal Reserve di San Francisco), secondo cui sarebbe opportuno alzare i tassi nell’attuale contesto congiunturale. Williams ha sottolineato che l’economia è ormai al pieno impiego, l’inflazione è vicina all’obiettivo del 2% e la crescita al di sopra del potenziale (stimato fra 1,5 e 1,75% dalla San Francisco Fed): pertanto “è sensato intraprendere un processo di rialzi dei tassi” e “ulteriori graduali aumenti dell’obiettivo del tasso dei fed funds saranno probabilmente appropriati”. Williams ha sottolineato che in caso di accelerazione più rapida di crescita e inflazione ci sarebbe un aggiustamento del sentiero dei tassi. Anche Williams ha toccato il tema della dimensione del bilancio e della politica di reinvestimento delle scadenze dei titoli nel portafoglio della Fed, dicendo che è favorevole a una discussione sull’argomento soprattutto se verrà attuato nuovo stimolo fiscale, con rischi di eccessi di domanda e di inflazione. Williams ritiene opportuno ridurre il bilancio quando i tassi saranno “lontani da zero”, sottolineando che non c’è una soglia dei tassi che determini la svolta della politica di bilancio, ma che sarà rilevante la valutazione dei rischi (la politica fiscale potrebbe aumentare i rischi verso l’alto). Il presidente della San Francisco Fed ribadisce la propria opinione favorevole a 3 rialzi nel 2017.
Gli ultimi dati macro
Con un ultimo sguardo ai dati macro di più recente pubblicazione, evidenziamo come l’indice Empire della NY Fed a gennaio cala a 6,5 punti da 7,6 punti di dicembre (rivisto da 9 punti). Gli ordini e le consegne calano a 3,1 punti da 10,4 punti e a 7,3 punti da 8,6 punti, rispettivamente. Le altre componenti aumentano rispetto a dicembre: prezzi pagati a 36,1 punti da 22,6 punti, prezzi ricevuti a 17,6 punti da 3,5 punti, ordini inevasi a – 1,7 punti da -10,4 punti, occupati a -1,7 punti da -12,2 punti. Le condizioni a 6 mesi sono stabili a 49,4 punti; anche gli ordini, le consegne, gli occupati e la spesa in conto capitale sono poco variati su livelli espansivi. L’indagine segnala moderata espansione dell’attività, accompagnata da un’accelerazione della dinamica dei prezzi.