Il dollaro USA ha proseguito la sua discesa inaugurando nuovi minimi che erano stati in precedenza abbandonati in corrispondenza della vittoria di Trump lo scorso novembre 2016. Ne deriva che con la flessione riscontrata nel corso degli ultimi giorni tutto l’apprezzamento che il biglietto verde era riuscito a ottenere in seguito alla vittoria di Trump è stato cancellato.
Facile, a questo punto, ricondurre il calo delle quotazioni del dollaro USA a una serie di fattori, endogeni ed esogeni. Un ruolo l’hanno sicuramente svolto i dati macroeconomici locali, risultati più deboli di quanto era atteso dai principali analisti economico finanziari (in particolare, si sono collocati al di sotto delle stime i nuovi cantieri residenziali, anche se contemporaneamente ha sorpreso al rialzo la produzione industriale). Tuttavia, un ruolo particolarmente pesante l’ha svolto anche quanto accaduto sul fronte politico interno, con le notizie politiche negative relative alla vicenda delle informazioni riservate fornite da Trump alla Russia. Ricordiamo inoltre, come già accennato qualche giorno fa, che a influenzare il cambio euro dollaro sono stati anche gli avvenimenti a livello politico, con contributi tuttavia incerti (per la forza del dollaro) determinati dalla vittoria di Macron alle elezioni presidenziali francesi, e alle migliorate prospettive di rilancio dell’Unione Europea dopo l’incontro tra Merkel e Macron. Due aspetti che in apparenza, e almeno sul medio termine, potrebbero facilitare la ripresa dell’euro, ma che in realtà hanno contribuito opportunamente a ricalibrare l’attenzione nei confronti di quanto avviene sul fronte fondamentale e, pertanto, hanno permesso al dollaro di dipendere maggiormente da quanto avviene in ottica macro.
Per quanto concerne i prossimi giorni, il calendario statunitense non sembra offrire molti spunti autonomi di recupero del biglietto verde, tanto che l’unico dato di rilievo sarà tra qualche ora, con la pubblicazione dell’aggiornamento del Philly Fed, per altro atteso in flessione. Rimane però invariata la prospettiva di policy monetaria della Fed, con altri due rialzi dei tassi fed funds da qui a fine anno.
Dinanzi a un simile scenario, l’euro ha proseguito la propria ascesa inaugurando un nuovo massimo livello sopra quota 1,11 EUR/USD. In questo caso, e come peraltro dovrebbe risultare intuibile da quanto in precedenza appena affermato, a condurre il movimento di risalita sembra essere stata la combinazione di notizie positive dall’area euro, con un rinnovato asse franco-tedesco per il rilancio del progetto comune europeo, e con alcuni elementi macro soddisfacenti. Le notizie negative provenienti dagli Stati Uniti, d icui sopra abbiamo compiuto una rapida sintesi, hanno poi contribuito a fare il resto.
Peraltro, è anche possibile che la spinta propulsiva dell’euro non sia terminata, almeno sul brevissimo termine, considerato che non vi sono spunti macro dagli USA che da qui a venerdì avrebbero eventualmente potuto risollevare il dollaro. Contemporaneamente, i dati in uscita sul fronte euro dovrebbero avere il merito di stabilizzare le informazioni sulla salute dell’economia. Occhi aperti infine al discorso odierno di Draghi.