I dati USA di giovedì e venerdì (ovvero, rispettivamente, l’ISM non-manifatturiero e l’employment report) sono risultati essere positivi e, intuibilmente, il dollaro ha finito con il beneficiarne. Nelle ore successive alla pubblicazione dei dossier statistici la valuta verde ha dapprima recuperato l’arretramento di mercoledì scorso, per poi consolidare la propria posizione al di sotto dei massimi con cui aveva aperto l’anno.
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Employment report
Dando uno sguardo all’atteso employment report, emerge come i dati sul mercato del lavoro abbiano ancora confermato (qualora ve ne fosse concreto bisogno), che la crescita degli occupati è solida. In fin dei conti, però, l’aspetto più interessante all’interno delle righe del rapporto è stato quello relativo alla crescita dei salari, che si è rivelata molto più forte delle attese dei principali analisti, dando sfogo a diverse ulteriori valutazioni che potrebbero assumere maggior rilievo nei prossimi mesi: quello della crescita dei salari è infatti un indicatore delle possibili pressioni inflazionistiche e quindi della probabilità che la Federal Reserve possa eventualmente fare più rialzi delle attese. Intanto, tra i dati della settimana entrante, importanti saranno venerdì le vendite al dettaglio e la fiducia del Michigan, attesi entrambi positivi, nel qual caso il dollaro dovrebbe consolidare. Ancora più importanti potranno essere però i vari discorsi di alcuni membri della Federal Reserve, che potrebbero fornire una misura più aggiornata dell’idea che alla luce dei dati la Fed si sta facendo sul numero di rialzi più appropriato da attuare quest’anno.
Nessun nuovo rischio al ribasso per l’euro
Per quanto invece concerne l’euro, rileviamo come la valuta unica europea si sia oramai stabilizzata su livelli più contenuti raggiunti post-FOMC, a indicare che il mercato ha prevalentemente incorporato lo scenario della Federal Reserve sui tassi e che quindi i rischi verso il basso non sono aumentati rispetto alle scorse settimane. È comunque possibile che nel breve termine l’euro possa scendere ancora, andando a rivedere parzialmente i minimi recenti, nell’ipotesi in cui nei prossimi giorni dovessero arrivare dati USA migliori delle attese o indicazioni più aggressive da parte dei membri Federal Reserve nelle dichiarazioni in calendario. Poche novità ci attendiamo invece dai dati in uscita nell’area, come quelli di produzione industriale, che sono attesi positivi.
Crescono le preoccupazioni sulla Brexit
Per quanto attiene la sterlina, negli scorsi giorni la valuta britannica è arretrata leggermente contro dollaro, nonostante gli ottimi dati domestici che hanno visto il PMI servizi sorprendere favorevolmente così come già aveva fatto il PMI manifatturiero. A pesare sulla sterlina sono infatti le preoccupazioni in merito a Brexit, cresciute nuovamente dopo alcune dichiarazioni del primo ministro Theresa May che, pur ripetendo che il governo ha a cuore il tema dell’accesso al mercato unico, ha però nuovamente sottolineato l’importanza del controllo dell’immigrazione. Si aprono pertanto nuovi interrogativi su quella che potrebbe essere la priorità del governo in fase negoziale: May forzerà realmente la mano per non cedere un passo sulla gestione dei flussi, mettendo a rischio la permanenza nell’area unica? Probabilmente no, ma per saperne di più bisognerà attendere almeno qualche altro giorno quando, a metà mese, arriverà la sentenza della Corte Suprema in merito al ruolo del parlamento nelle procedure di Brexit. Se la sentenza – come si auspica – sarà favorevole nel senso del ruolo del parlamento nella Brexit, le posizioni più dure dell’esecutivo May potrebbero trovare un’attenuazione…