Dopo aver toccato nuovi massimi livelli da marzo a oggi contro euro, ieri pomeriggio il dollaro statunitense ha avviato una lieve correzione. Si tratta tuttavia di un classico movimento naturale, figlio dell’ampio e rapido apprezzamento partito la settimana scorsa. Difficile infatti cercare di ricondurre tale movimento a elementi di rilievo specifico, anche alla luce delle dichiarazioni che ieri sono state archiviate da parte di alcuni membri Fed. Tra i vari, Harker ha dichiarato che sarebbe stato favorevole a un rialzo dei tassi di riferimento a settembre e che rimane pertanto favorevole a un rialzo degli stessi prima di fine anno, precisando che non è da escludere a priori la riunione di novembre, anche se potrebbe essere opportuno attendere che venga meno l’incertezza sulle elezioni presidenziali. Su tale linea è anche la nostra visione, altresì a margine di quello che in occasioni simili è avvenuto nel corso dei vari anni.
Di interesse è anche il fatto che sempre più opinioni si spingono ora a prevedere quel che potrebbe accadere il prossimo anno. Occorre dire che, per quanto intuibile, è bene assumere con la giusta aleatorietà le stime attuali: a fine 2015 molti membri Fed si sbilanciarono a prevedere ben quattro rialzi dei tassi di riferimento per il 2016, mentre in realtà si è ancora alla ricerca del primo. Ad ogni modo, Harker per il prossimo esercizio vedrebbe almeno due rialzi dei tassi. Staremo a vedere.
Per il momento, archiviamo la giornata con l’evidenza di una sostanziale mancanza di spunti di rilevante interesse. A parte i dati (PPI, vendite al dettaglio e fiducia del Michigan) – che sono attesi positivi – è in programma nel tardo pomeriggio un discorso della numero 1 Fed Yellen, che è importante per comprendere in che modo la Federal Reserve sta leggendo gli sviluppi recenti ai fini di un rialzo dei tassi entro la fine dell’anno. Considerando che difficilmente la Yellen spegnerà i tiepidi fuochi dell’entusiasmo, il dollaro USA dovrebbe consolidare le proprie posizioni.
Euro e sterlina in ripresa: quanto durerà?
Rientrando nei confini europei, notiamo una piccola incursione dell’euro sotto quota 1,10 EUR/USD, una soglia che aveva abbandonato per la prima volta a luglio. L’incursione è comunque di breve estensione, visto e considerato che già nelle prime ore di questa mattina la valuta unica europea è riuscita a riprendersi. Risulta chiaro, però, che la valuta unica europea rimane pressochè dipendente dal tema dominante, rappresentato dal possibile rialzo dei tassi di riferimento e secondariamente dalla pubblicazione dati USA nelle prossime ore, che se dovessero risultare ancora più forti delle attese l’euro potrebbero aiutare ad approfondire il calo della valuta europea in direzione di 1,0950 EUR/USD. A quel punto, è difficile che le quotazioni dell’euro possano sprofondare ancora nel breve termine, mentre è molto probabile che la soglia possa essere infranta al ribasso in seguito alla scelta di un possibile rialzo Fed, a novembre piuttosto che a dicembre.
In ripresa lieve anche la sterlina britannica, che dopo l’ampia correzione dei giorni scorsi, generata dai timori di un’hard Brexit (peraltro, “ben” stimolata dalle dichiarazioni della premier May) ha avuto modo di risalire leggermente, anche se con una tendenza non certo solida. Attenzione, in tal proposito, alle dichiarazioni e alle mosse che il governo deciderà di applicare in relazione alle fasi di “ritiro” dall’Unione Europea, e sullo spazio che avrà il parlamento nel decidere la linea negoziale: il tema è molto lontano dall’essere chiarito. Come se non bastasse, ad aggiungere nuovi pressioni al ribasso per la sterlina è la possibilità che possa essere indetto un nuovo referendum scozzese per l’indipendenza dal Regno Unito, un evento che induce altra tensione. Sul brevissimo termine, attenzione specifica ai discorsi BoE (Forbes e Carney), che saranno importanti per raccogliere qualche informazione sulle intenzioni della BoE in vista della riunione del 3 novembre, non tanto per la decisione sui tassi (è oramai quasi certo che saranno tagliati), quanto per le nuove proiezioni di crescita e inflazione alla luce dei recenti sviluppi economici e politici.
Chiudiamo con un breve cenno sullo yen, che ha perso poche posizioni dopo l’apprezzamento post-negativi dati cinesi riscontrati ieri. La tenuta della valuta nipponica è inoltre stata favorita in parte anche da voci secondo le quali la BoJ potrebbe pensare di avviare un “tapering” tra un anno, ma le quotazioni si sono poi fatte più deboli nella notte.