Quella che si è appena aperta è una settimana di vitale importanza per le politiche monetarie delle principali banche centrali internazionali. E anche se non sono escluse delle sedute intermedie e interlocutorie (anzi), tutto lascia presagire che al termine di questa settimana avremo tra le mani molte più informazioni per poter orientare il nostro trading estivo.
Cominciamo, come nostra abitudine, dal dollaro. La valuta verde ha chiuso la scorsa settimana al rialzo delle quotazioni rispetto a quanto non dicessero le quotazioni che hanno contraddistinto l’apertura di lunedì scorso.
Tuttavia, le quotazioni rimangono sempre al di sotto dei livelli pre-employment report di due venerdì fa, segno che la delusione dell’analisi sull’occupazione statunitense non ha ancora finito di esaurire le proprie pressioni. Venerdì scorso l’indice di fiducia delle famiglie elaborato dall’università del Michigan ha mostrato un leggero calo rispetto ai valori precedenti, ma tutto sommato ha chiuso meglio delle attese, che invece ritenevano che i valori mostrati dall’indice potessero essere peggiori.
Per quanto attiene il futuro più a breve termine, l’appuntamento più importante di questi giorni sarà il FOMC di mercoledì. Come abbiamo ricordato la scorsa settimana, le attese sono per tassi di interesse di riferimento fermi ai livelli già decisi sul finire del 2015. Tuttavia, saranno comunque importanti la distribuzione delle proiezioni sui tassi da parte dei vari membri del board, le nuove previsioni di crescita e inflazione e la conferenza stampa. In merito, il numero 1 della Fed, Janet Yellen, dovrebbe confermare la valutazione complessivamente positiva dell’economia USA, evitando di trarre conclusioni dal deludente employment report d’inizio mese ma ribadendo che i dati sul mercato del lavoro verranno monitorati attentamente.
Bisognerà altresì comprendere se nel suo discorso la Yellen lascerà o meno aperte le porte a un possibile rialzo dei tassi a luglio o al più tardi a settembre: a nostro giudizio è probabile che Yellen si dica possibilista, permettendo pertanto al dollaro di consolidare le posizioni e assumere un atteggiamento attendista nei confronti dei dati macro di prossima uscita, dai quali dipenderanno le mosse del FOMC di luglio. Ancor prima, c’è una buona serie di dati in pubblicazione (dalle vendite al dettaglio alle licenze edilizie): da questi, più sul breve termine, potrebbero emergere impulsi all’apprezzamento o al deprezzamento del cambio.
Passando all’euro, la valuta unica europea ha chiuso la settimana in calo, restando comunque al di sopra dei livelli pre-employment report. Come sopra anticipavamo, molto dipenderà dai comportamenti della banca federale statunitense: se questa lascerà le porte aperte a un rialzo dei tassi a luglio o settembre (dati permettendo), è possibile che per l’euro si possano aprire scenari di leggera debolezza che, comunque, impediranno alla valuta di toccare o superare la soglia di 1,14 EUR/USD. Uno sguardo d’attenzione deve inoltre essere mostrato anche ai dati macro europei: in corso id uscita quelli della produzione industriale (prevista in aumento) e della stima finale dell’inflazione.
Passiamo dunque alla sterlina, con i timori di Brexit (gli ultimi sondaggi hanno confermato che il quadro degli analisti è tutt’altro che chiaro) che hanno fatto deprezzare la sterlina sia contro dollaro che contro euro. Come appena affermato la colpa è del fatto che nel weekend è stato pubblicato un nuovo sondaggio di YouGov che ha visto passare in testa i leave al 43 per cento (+1 per cento rispetto alla rilevazione precedente) a fronte di un 42 per cento dei remain (-1 per cento rispetto alla rilevazione precedente). Il margine non è naturalmente significativo, soprattutto se si tiene conto che la percentuale degli indecisi è rimasta identica e ancora elevata, al 15 per cento, e che sarà tale bacino, probabilmente, a decidere l’esito della competizione. A nostro giudizio nei prossimi giorni potrebbe accadere di tutto: al referendum del 23 giugno mancano oramai pochi giorni, e la sterlina diverrà sempre più reattiva ai nuovi sondaggi. In questa settimana è inoltre previsto l’appuntamento con la riunione della Bank of England, che non sarà importante tanto per i tassi, che resteranno fermi a 0,50 punti percentuali, quanto per la distribuzione dei voti e per la valutazione dell’economia.
Sempre a proposito di banche centrali, giovedì è in programma anche la riunione della Bank of Japan: da questo comitato non si attendono variazioni nei parametri della politica monetaria, ma sarà comunque importante verificare se vengano lasciate aperte le porte a un intervento espansivo a breve (ricordiamo che la prossima riunione è per il 29 luglio). Un simile scenario farebbe indebolire lo yen, che è salito ancora portandosi in area 105 USD/JPY.
Giovedì si terrà infine anche la riunione della Banca Nazionale Svizzera. Tranne sorprese, la banca centrale elvetica sceglierà di mantenere i tassi fermi in territorio negativo tra -1,25 per cento e -0,25 per cento e ribadirà il commitment a intervenire anche direttamente sul cambio se si verificassero pressioni rialziste sul franco.