Nuovo aggiornamento sull’andamento delle principali protagoniste del mercato valutario internazionale. Cominciamo, come nostra abitudine, da uno sguardo sul dollaro, che ha aperto la settimana al rialzo, ma senza superare per ora i massimi toccati successivamente alla pubblicazione dell’attesissimo employment report di venerdì scorso, in grado di dare esiti molto favorevoli.
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EUR/USD
In particolare, l’employment report è risultato essere molto migliore delle attese, con variazione degli occupati e crescita dei salari più elevate del previsto. Il dollaro statunitense aveva così reagito con un ampio apprezzamento in grado di fargli recuperare una buona parte della correzione del venerdì precedente sui deludenti dati di prodotto interno lordo, in prossimità dei massimi post-referendum britannico. Naturalmente, come anche in passato abbiamo avuto modo di ricordare, l’employment report non basta da solo a garantire un rialzo dei tassi di riferimento già a settembre, ma se anche gli altri dati macro in corso di futura pubblicazione dovessero essere favorevoli, l’ipotesi di un rialzo a novembre-dicembre non sarebbe affatto smentibile. Per il momento, è proprio questo convincimento a offrire il miglior supporto per un dollaro che, nella settimana in corso, non avrà grandi spunti (eccezion fatta per venerdì, quando usciranno i dati di vendite al dettaglio e PPI di luglio e fiducia del Michigan). Più complessivamente, è possibile che il dollaro possa annoverare significativi margini di aumento da qui al prossimo avvicinarsi del rialzo dei tassi, ma non è certo facile che possa riuscire a guadagnare posizioni nel breve termine (per permettere un rimbalzo così prossimo è infatti necessario che i nuovi dati siano molto positivi e in grado di convincere i mercati che il rallentamento del Pil del secondo trimestre è stato temporaneo e che ci si può dunque attendere un’accelerazione a partire già dal trimestre in corso). Di contro, l’euro aveva aperto la settimana in debolezza. Il futuro non offre grandi spunti di ripresa: anzi, se i dati USA dovessero mostrarsi convincenti, è possibile che la valuta unica possa scender sotto quota 1,10 (pur di poco).
Sterlina
Occupiamoci quindi della sterlina britannica, che ha inaugurato la settimana stabile rispetto a venerdì, correggendo poi lievemente contro dollaro ed euro. Uno spunto al deprezzamento è stato offerto implicitamente dalla BoE, con le dichiarazioni di un suo membro, McCafferty, che ha rivelato come se il quadro dell’economia britannica dovesse peggiorare più delle attese a causa di Brexit, la banca centrale potrebbe procedere con un ulteriore allentamento monetario già nei prossimi mesi. Dichiarazioni abbastanza chiare, che hanno assunto una maggiore credibilità sul fatto che McCafferty è generalmente considerato a favore di una politica “inversa” a quanto dichiarato (è l’unico membro BoE che da agosto 2015 a inizio ha votato per un rialzo dei tassi, ed ha più recentemente votato contro la riapertura e l’ampliamento del programma di acquisto di titoli governativi, affermando che l’istituto banchiere possa prendersi il giusto tempo per poter verificare con il passare delle settimane la misura degli effetti di Brexit e quindi di dosare gradualmente, in base a questi, lo stimolo monetario).
Così come abbiamo già detto per il dollaro, anche per la sterlina il calendario macro non offre tantissimi spunti e, in ogni caso, l’impatto sul mercato potrebbe essere rilevante solo in caso di delusione piuttosto che in caso di sorpresa positiva.