Bce, proroga quantitative easing più vicina?

La scorsa settimana i media hanno riportato con particolare enfasi alcune voci che davano per probabile un possibile tapering degli acquisti della Banca Centrale Europea a partire da marzo prossimo. Al di là dell’ovvia evidenza che, prima o poi, il tapering avrà luogo, e che per il momento la scadenza di marzo del quantitative easing è intatta, è bene ricordare come le indiscrezioni siano state formalmente smentite da Constancio già nella giornata di giovedì, poche ore dopo la loro ribalta internazionale.

Successivamente alle dichiarazioni del membro Bce, sono arrivati in pubblicazione i verbali della riunione dell’istituto monetario europeo tenutasi nel mese di settembre. Dai documenti, emerge in misura chiara e incontrovertibile come la Banca sia ben consapevole che i mercati si attendono da lei un ruolo molto attento. L’Eurotower, anche in virtù di ciò, ha fatto intendere che non deluderà le aspettative, e assicurerà il mantenimento di condizioni finanziarie molto accomodanti anche per diverso tempo, essendo altresì consapevole che il ritorno a un target di inflazione dell’1,5 per cento (comunque inferiore all’obiettivo statutario della BCE), dipenda prevalentemente dal trend dei prezzi interni e in ultima istanza dalla tenuta della domanda domestica.

Dunque, qualcosa si può cercare di intuire da quanto avvenuto. Ricordando, ad esempio, che se è vero e accertato che non si è mai parlato apertamente di tapering (almeno stando a quanto dichiarato da Consancio nelle sue affermazioni di smentita alle indiscrezioni di stampa), è anche vero che non si è mai parlato neanche di un’estensione del programma di quantitative easing oltre la scadenza finale di marzo 2017. A dir la verità, già negli scorsi mesi gli analisti avevano aperto alla possibilità che la BCE potesse deliberare un rinvio della scadenza dei termini del QE, e qualcuno si attendeva una simile mossa già nel corso dell’ultimo meeting del mese di settembre. A settembre non se ne fece poi nulla, e in conferenza stampa, Draghi – pur non apertamente – disse comunque che le riunioni di novembre e di dicembre avrebbero potuto potenzialmente costituire un valido momento per assumere ogni decisione si riveli utile per i propri fini.

Per il momento, comunque, i verbali confermano che il Consiglio ha solo costituito i gruppi di staff per poter interpretare quali saranno le migliori modifiche che permetterebbero di portare avanti il programma di quantitative easing in modo ordinato. Dagli stessi verbali (e anche questa non è certo una sorpresa, avendo Draghi più volte ricordato ciò) emerge inoltre che attualmente tutte le opzioni e tutti gli strumenti attivabili rimangono pronti, ma molto non potrà che dipendere dal trend assunto dall’inflazione nei servizi, che è tipicamente l’indicatore maggiormente legato all’andamento della domanda interna e dei salari, e dunque quello più “caro” ai policy makers.

Cercando di calarci in maniera più pragmatica su quel che potrebbe avvenire nel prossimo futuro a breve termine, ci attendiamo una serie di pubblicazioni di dati macroeconomici non sorprendenti, e comunque coerenti con quello che è il gruppo di consenso, con rallentamento non drastico della crescita economica dell’Eurozona dall’1,5 per cento all’1,3 o all’1,4 per cento per quanto concerne il 2016. Si tenga conto che questa NON è la previsione della Banca centrale europea, che invece punta a una crescita all’1,6 per cento, sopra il potenziale. Se le previsioni della BCE dovessero essere deluse (è molto probabile), a quel punto l’Eurotower non potrebbe far altro che scegliere di mantenere invariato lo stimolo monetario ancora per qualche mese, dal momento che anche un tapering graduale dopo marzo 2017 comporterebbe un restringimento delle condizioni finanziarie.

A quel punto, diverrebbero ancora più ampie le divergenze delle scelte di politica monetaria tra le due principali Banche centrali. Mentre, cioè, la BCE sarà impegnata a formalizzare la presumibile estensione del programma di quantitative easing oltre il mese di marzo 2017 (per tre o sei mesi?), la Federal Reserve, dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, avrà probabilmente formalizzato l’incremento dei tassi di riferimento, un anno esatto dopo il primo ritocco. Andrebbe in tal modo a consolidarsi quanto già in merito affermato da tempo: i due istituti monetari sono caratterizzati da un approccio ora notevolmente differente, e probabilmente nel corso del prossimo futuro andrà ad acuirsi, con ciò che ne conseguirà sui mercati finanziari e, tra di essi, sull’indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro statunitense.

Esperto di trading e finanza, mi dedico alla stesura di articoli accurati e informativi, con l'obiettivo di fornire approfondimenti e conoscenze utili per orientarsi nel complesso universo degli investimenti.

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