Sono Grecia e Stati Uniti le nazioni protagoniste nell’influenzare i mercati in queste ultime ore.
La situazione controversa della Grecia non è una novità, mentre interessante diventa la sua posizione se messa vicina a quella degli Stati Uniti: l’austerity imposta dall’Ue e dalla Germania a tutta l’Europa, Grecia compresa, ha provocato i disastri economici che tutta l’Europa conosce, mentre dall’altra parte gli Stati Uniti, rifiutando sempre qualunque politica di rigore, sono riusciti ad uscire fuori dalla crisi, ed anche i dati usciti oggi confermano che i posti di lavoro continuano a crescere, addirittura ben oltre le attese della stessa Casa Bianca. “L’America è pronta per un altro anno di forte crescita. E sarà fondamentale evitare ogni forma di austerity irragionevole e rischiosa, facendo invece investimenti per la futura crescita”, recita ancora più esplicitamente una nota di Washington, in riferimento al budget espansivo presentato dal presidente Obama.
A questo punto nello scontro tra Bce e Grecia, diventa fondamentale l’incontro dell’Eurogruppo ufficializzato per l’11 febbraio (prossima settimana). Il ministro delle Finanze ellenico, Yanis Varoufakis, continua a non voler fare più accordi lacrime e sangue con la Trojka, con l’Ue che però in questo caso non vuole assolutamente concedere prestiti ponte nell’attesa di arrivare ad un nuovo accordo, mentre il Fondo Monetario Internazionale apre ad un rinegoziazione totale di tempi e modalità di restituzione del debito greco.
A dominare, dunque, sono le preoccupazioni finanziarie internazionali. La Bce ha già irrigidito le condizioni per accedere alla sua liquidità da parte delle banche della Grecia, ed il solo canale che Mario Draghi ha lasciato fruibile, dell’ammontare di poco meno di 60 miliardi, prima o poi terminerà ed allora si dovrà affrontare il rischio insolvenza. La Grecia è scesa intanto in piazza in maniera fiera per sostenere Tsipras nella sua battaglia, e Putin ha cominciato il suo corteggiamento sul nuovo leader greco.
Tornando agli Stati Uniti, i dati di Gennaio ci dicono che ci sono 257 mila nuovi occupati. Si tratta del maggior balzo positivo, negli ultimi tre mesi, da diciassette anni a questa parte. Gli osservatori prendono nota con compiacimento anche del balzo dello 0,5% dei salari, la crescita più forte dal novembre 2008. Vedete cosa significa non vessare e tassare i cittadini come ci è stato imposto dall’Ue e come i nostri governi hanno sempre bovinamente recepito?
In questo contesto i mercati vivono una fase di instabilità e restano deboli: Piazza Affari a Milano chiude in calo dello 0,28%, Londra dello 0,18%, Francoforte dello 0,54%, Parigi segna un – 0,26% finale. Atene apre piuttosto bene in mattinata, ma poi finisce per chiudere con un – 3,39%: male soprattutto i titoli delle banche elleniche.
Oltre Oceano, negli Stati Uniti, Wall Street apre e chiude in cauto rialzodopo i dati sull’occupazione: il Dow Jones sale dello 0,2%, lo S&P 500 ed il Nasdaq sono allineati al +0,3. L’euro chiude in calo a 1,1350 dollari nella consapevolezza di un probabile prossimo rialzo dei tassi di interesse Usa, visti gli ottimi risultati economici del Paese Americano.
Il quantitative easing infine, sta facendo sì che comunque sul mercato obbligazionario non ci siano scossoni: lo spread tra Btp e Bund rimane intorno ai 120 punti base, con un rendimento dell’1,57%. Stabile anche lo spread della Grecia sui titoli tedeschi, poco sopra i 900 punti.