Nessuna grande sorpresa dall’evoluzione delle relazioni tra il nostro Paese e Bruxelles. Come ampiamente atteso da quasi tutti gli osservatori internazionali, infatti, la diffusione da parte della Commissione europea del rapporto ad hoc sul debito pubblico previsto dall’articolo 126 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea per i Paesi a rischio di non rispetto della regola del debito, non ha avuto come traduzione diretta l’avvio di una procedura d’infrazione. Il che, però, non significa che per il nostro Paese vada tutto bene, e che il futuro non possa riservare qualche evoluzione sgradita.
L’Italia infrange le regole
Il punto di partenza che merita qualche piccola riflessione su questo tema, anche al fine di comprendere al meglio che cosa potrebbe avvenire in futuro, è il fatto che la mancata apertura automatica della procedura di infrazione non corrisponde certamente a una promozione per l’Italia, anzi. La conclusione del rapporto è infatti quella prevista: il dossier si conclude infatti ribadendo come la regola è da ritenersi non rispettata, e possa quindi dare avvio a una EDP, nel caso in cui l’Italia non adotti entro la fine del mese di aprile la promessa implementazione di una correzione strutturale pari allo 0,2 per cento del PIL.
Nel suo contenuto, infatti, il dossier appare essere piuttosto severo nei confronti del Paese, ricordando anzitutto come le condizioni macroeconomiche rimangano ben poco favorevoli, pur in miglioramento. Vi è inoltre l’evidenza che l’Italia rischia di non rispettare il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine e, inoltre, viene ricordato come nel periodo più recente vi sia un rallentamento nel tasso di implementazione delle riforme strutturali raccomandate dalla Commissione.
Proprio per questo motivo, i fattori che l’Italia aveva proposto come “rilevanti”, a giustificazione di una maggiore flessibilità, non sono stati considerati dalla Commissione europea come sufficienti per poter giustificare interamente il mancato rispetto della regola, a meno che la non-compliance della regola sul saldo strutturale non sia appunto corretta con l’aggiustamento richiesto per l’anno in corso.
L’appuntamento cruciale è a maggio
Assunto che l’Italia è stata sostanzialmente bocciata, pur non definitivamente (cosa che avrebbe fatto scattare la procedura di infrazione), gli occhi degli analisti si spostano direttamente al mese di maggio, quando si terranno gli appuntamenti cruciali che potrebbero permettere al Paese di rimettersi nella rotta gradita a Bruxelles o, di contro, finire con lo sbattere sulla già ricordata procedura di infrazione.
Di fatti, la decisione finale sull’apertura o meno di una procedura per debito eccessivo sarà assunta solamente sulla base delle previsioni economiche di primavera, che sono attese per il mese di maggio. A quel punto, inoltre, sarà chiaro se l’Italia avrà o meno mantenuto la promessa di correre ai ripari mediante la preannunciata implementazione di una correzione strutturale pari allo 0,2 per cento del PIL.
Insomma, l’Italia rimane – come largamente atteso e anticipato anche su queste pagine – un sorvegliato speciale da parte della Commissione europea, evidentemente incline a ritenere il nostro Paese maggiormente a rischio. Il rapporto Paese previsto dal sistema di vigilanza europea sottolinea d’altronde in misura molto chiara come la Penisola sia tra le economie europee che evidenziano squilibri macroeconomici considerati “eccessivi”, puntando poi il dito nei confronti dell’elevato livello del debito pubblico e, contemporaneamente, sulla bassa produttività: un mix di fattori che nuoce alla salute economica del Paese e potrebbe rappresentare il foro di apertura di un deterioramento ulteriore del contesto nei prossimi mesi.
Ad ogni modo, nel suo rapporto la Commissione riconosce anche qualche passo in avanti da parte dell’Italia, sottolineando come siano stati effettivamente effettuati degli interessanti progressi, soprattutto nei confronti delle riforme (si pensi a quelle del mercato del lavoro, a quelle – molto discusse – sul fronte dell’educazione, o ancora nei confronti della semplificazione degli adempimenti burocratici e amministrativi, e ulteriormente alla revisione sul funzionamento della pubblica amministrazione, del sistema giudiziario, della formulazione del bilancio pubblico e negli strumenti per la gestione dei crediti in sofferenza delle banche). Sviluppi che non sono certamente passati inosservati agli occhi di Bruxelles ma che, da soli, non sono evidentemente stati sufficienti per poter cambiare il panorama intorno al nostro territorio.
Di fatti, a fronte di questi elementi che la Commissione europea ha assunto con positività, riconoscendo l’impegno e gli sforzi, sembra che sia l’altro piatto della bilancia – quello più negativo – a pesare di più: il livello ancora molto elevato dei crediti bancari in sofferenza, e le divergenze tra le regioni sulla regolazione della cosiddetta “economia collaborativa”, che la Commissione ha dichiarato essere estremamente importante per poter promuovere la crescita della competitività, e che invece in Italia è largamente carente.
Dunque, mettiamo in calendario il mese di maggio: per l’Italia, Cipro e Portogallo (ovvero, per i Paesi che presentano degli squilibri eccessivi), è proprio questo il periodo in cui Bruxelles diffonderà un nuovo dossier in cui valuterà il piano nazionale di riforme che sarà presentato dai governi ad aprile…