Nessuno vuole più acquistare i bond sovrani

Ora le regole del gioco cambiano, modellando nuovi equilibri: i mercati sono in panico. Cerchiamo di fare una sintesi per capire qual è il punto di incontra fra l’Europa ed il resto del mondo.

Una decisione quasi unanime che sta prendendo piede presso i nuovi giganti, consolidati ed emergenti è di evitare l’acquisto dei bond sovrani, ovvero la monetizzazione del debito. Quindi, niente più Quantitative Easing per l’Europa, dato che la Germania non cede alle pressioni politiche oltrefrontiera: sono stati tirati nuovamente in ballo persino i debiti di guerra della Germania, benevolmente messi da parte dagli Stati, fatto salvo la Russia.

Gli Usa hanno cominciato con il tapering e sicuramente non potranno che dare una “limatina” verso l’alto ai tassi di interesse, nulla più trovando convenienza nel prolungare l’azione di “sostegno” artificioso degli altri Stati: niente più bond esteri espressi in dollari Usa che possano servire a “pompare” l’economia dei paesi, in relazioni commerciali importanti. Gli Stati Uniti puntano a rendersi indipendenti su ogni fronte, anche quello energetico. Chi è il responsabile dell’abbassamento dei costi delle materie prime? Gli Usa certamente sono gli attori protagonisti, dato che grazie allo shale oil (nuovo metodo di estrazione del petrolio), sono riusciti ad espandere la produzione, sino a far scendere i prezzi. E pensare che prima erano importatori di petrolio. Nel 2015, cosa ci attendiamo dal listino Usa? Gli investitori che hanno fatto “rotazione” di capitale dall’obbligazionario all’azionario, molto probabilmente invertiranno le loro decisioni e, proprio per questo, è stato elaborato un nuovo indice della paura, vix, questa volta riferito ai bond e non più soltanto al comparto tecnologico. Insieme agli Usa, ci si attende un aumento dei tassi anche per la Gran Bretagna, certamente con potenziali effetti controproducenti, considerato che non è il periodo giusto per inasprire il costo dei prestiti, data l’alta propensione all’indebitamento degli inglesi, trainato dalla corsa del settore immobiliare.

In controtendenza, sul fronte della politica monetaria, l’Europa e molti paesi emergenti che cercano di dare più “respiro” all’economia in crisi, attraverso il taglio dei tassi. Ma manca quella cesura tra mondo dell’economia e della finanza che crea il dollaro, valuta dal peso e dallo spessore internazionale (molti debiti sovrani espressi in dollari, le materie prime vengono negoziate in dollari). L’Euro ha la stabilità “nominale”, ma manca di quella reale (debolezza dei fondamentali). Oggi, il presidente della Bundesbank, Weidmann, ha negato che vi sia la volontà da parte dell’Europa di emettere nuovi bond: indebitarsi ancora non conviene. Gli Stati meno parsimoniosi tenderebbero a scaricare le conseguenze del debito sugli altri. Quindi, secondo Weidmann, prima che di monetizzazione del debito, bisogna concepire nuove regole del gioco che non guastino gli equilibro “competitivi” tra gli Stati. Evidentemente, questa è l’Europa delle regole e della competizione, e solo dopo viene data parola alla “cooperazione”. L’Europa sicuramente terrà i tassi vicini allo 0, ciò che determinerà la fuga degli investitori dall’obbligazionario del vecchio continente.

Andiamo alla Cina. Cosa pensa dell’indebitamento, la Cina? Le proposte da realizzare per rilanciare l’economia sono sicuramente tante ma bisogna dare un taglio netto alla spirale del debito che creerebbe un’interdipendenza insostenibile, o tra diverse economie (se i bond sono monetizzati ed espressi in un altro rating sovrano, più forte) o tra l’economia domestica ed i sottoscrittori, aumentando gli oneri a carico dello Stato. Quindi, niente più collaterali attraverso i bond. Piuttosto, l’unico obiettivo che bisogna porsi è “sfondare” nel mondo della finanza: una valuta internazionale, di pari peso al dollaro oggi; l’espansione sui mercati finanziari internazionali.

E così sarà la Cina a prendere in mano le redini oppure questa è un’impresa troppo azzardata? Intanto, il Dragone, come per sgranchirsi, lancia un attacco alla volta: prima dà più spessore al remninbi (integrazione della borsa di Shanghai con la borsa di Hong Kong); poi si lancia all’assedio dei principali gruppi bancari europei in difficoltà (il primo è rappresentato da una parte dell’attuale Banca Espirito Santo, il gruppo portoghese da poco reduce da un fallimento) e nel frattempo riforma l’economia, lasciando poco o nulla del vecchio sistema (liberalizzazione dei mercati finanziari; politica anticorruzione – agli arresti gli uomini di fiducia del vecchio regime; soppressione di vincoli ormai desueti, tra cui il controllo delle migrazioni intra-Cina e disparità sul fronte dei diritti).

E’ certo che il 2015 sarà l’inizio di una graduale transizione verso una nuova era che terrà sotto pressione i mercati finanziari che cambieranno target tradizionali spostandosi verso le nuove aree emergenti, solo se gli strumenti finanziari e l’integrazione con i mercati saranno tali da immunizzarli dal rischio. Altrimenti continueranno a preferire porti più sicuri come quello del biglietto verde, inevitabilmente legato a tutto quello che ci circonda.

Appassionato di economia e finanza, porto il mio parere indipendente sui temi economici di maggiore interesse. Nel 2008 sono diventato giornalista ed editore.

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