Petrolio BRENT e WTI: qual è la differenza?

Il petrolio figura tra gli asset più scambiati in assoluto. E’ un dato che non stupisce: l’oro nero ricopre una grande importanza per le attività produttive nonché nella vita di tutti i giorni. Dal petrolio si ricava la benzina per i veicoli ma anche il carburante per i macchinari industriali e così via. Quello del “petroleum” è quindi un mercato di grande rilevanza. Fondamentalmente, viene scambiato sotto forma di futures e venduto al “barile”. Una singola unità contiene 135 kg di greggio, paragonabili in media a 159 litri. Qui sorge la prima domanda: quando si parla di prezzi, si sente parlare di Brent e Wti. Qual è la differenza? Quali sono le dinamiche di prezzo che coinvolgono l’una e l’altra categoria?

Prima di tutto, un piccolo chiarimento. Brent e Wti non sono, ovviamente, le uniche tipologie di petrolio in circolazione. Ne esistono numerose. Vengono tuttavia prese a riferimento, dunque svolgono un ruolo di benchmark. In estrema sintesi, rappresentano il termometro del mercato del petrolio. Ciò non vuol dire che la loro influenza non sia reale o vada sottovalutata. Tutt’altro: i movimenti dei prezzi del Brent e del Wti incidono profondamente sui prezzi degli “altri barili”.

Come funziona il mercato del petrolio?

La prima differenza riguarda la piazza di scambio. Il Wti, acronimo di West Texas Intermediat, è scambiato al Nymex, ossia il New York Mercantile Exchange. Il Brent è invece scambiato a Londra, e per la precisione al London International Petroleum Exchange.

Un’altra differenza concerne la produzione. Quella del Wti è più alta. Da qualche anno a questa parte, infatti, si assiste a una riduzione dei flussi realizza nelle piattaforme del Mare del Nord.

I due tipi di petrolio differiscono anche per composizione. Dal punto di vista meramente tecnico, il Wti vanta una qualità più elevata, in quanto ha una gravità Api più alta. Questo valore indica il rapporto tra la componente idrocarburica e l’acqua. Il Brent, poi, è in realtà una miscela frutto dell’unione da diversi tipi di petrolio: Blend, Forties Blend, Oseberg, Ekofisk. Inoltre si segnalano divergenze anche riguardo il trasporto. Il Wti viene trasportato via oleodotto, quindi si avvantaggia di una minore spesa per la logistica.

WTI e Brent : quale costa di più ?

Alla luce di queste informazioni, sorge un’altra domanda. Chi, tra Wti e Brent, costa di più? La risposta, se ci si basasse solo sulle caratteristiche tecniche, verterebbe sul primo. La realtà è invece un’altra. E’ il Brent a trascinare il Wti e non viceversa. Sia chiaro, lo scarto è emerso solo negli ultimi anni a causa degli squilibri che si sono verificati sul lato della domanda. Tradizionalmente, le due tipologie hanno sempre viaggiato in un rapporto di parità. Per la precisione, il sorpasso, che ormai ha acquisito una dimensione strutturale, si è verificato nel 2010, quando il “petrolio londinese” è salito da 71 dollari a 100 dollari al barile. Il motivo per cui il Brent è più costoso del Wti risiede nell’accesso ai mercati emergenti, che hanno spinto la domanda in modo considerevole nell’ultimo decennio. Il riferimento è in particolare all’economia asiatica, Cina in primis, nonostante il radicale cambio di paradigma (è passata da economia esportatrice a economia di consumo).

Quotazione del Petrolio in tempo reale

Prezzi petrolio : le prospettive future

Chiarite le principali differenze tra Wti e Brent, è possibile discutere sulle dinamiche attualmente in corso e sulle prospettive circa i prezzi. Se è vero che le due tipologie non sono strutturalmente una migliore dell’altra ma, come tutte i fenomeni della vita (economica), sono influenzati dalla legge della domanda e dell’offerta, è sufficiente in linea teorica analizzare alcuni fondamentali economici per ipotizzare il futuro prossimo del petrolio. Si tratta di un esercizio rischioso, vista la quantità di dati da prendere in considerazione, ma se fatto bene consente di raggiungere risultati con un certo grado di approssimazione.

A tenere banco è il calo della domanda generalizzata. Se da un lato i paesi occidentali chiedono meno petrolio a causa della crisi, dall’altro lato la Cina chiede meno petrolio perché sta vivendo un periodo di profonda trasformazione. Niente di traumatico, a dire il vero, almeno dal punto di vista pechinese. L’economia del colosso asiatico sta passando da un modello fortemente orientato all’esportazione (quindi alla produzione, dunque all’uso del petrolio) a un modello che invece privilegia i consumi interni.

E’ soprattutto una questione di offerta o per meglio dire di produzione. L’accordo Opec è stato raggiunto di recente: fino a questo momento i grandi produttori hanno evitato tagli per il timore di perdere quote di mercato. Se focalizziamo l’attenzione sulle due tipologie, dobbiamo citare un dato strutturale: il Brent vive una riduzione del flusso a tempo più o meno indeterminato. Tuttavia, alla luce delle dinamiche globali, i movimenti delle due tipologie appaiono speculari.

Qual è la prospettiva per il futuro? L’idea è che l’accordo Opec consenta un sospiro di sollievo, quindi un aumento del prezzo del petrolio tale da non mettere in crisi le compagnie “oil”, il cui crollo causerebbe un gigantesco… Buco nero.

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