Popolare di Vicenza: arriva la Guardia di Finanza nella sede centrale

Non c’è pace per la Banca Popolare di Vicenza, istituto di credito che si trova nell’occhio del ciclone dopo la scoperta della maxi truffa a scapito dei suoi clienti. I risparmiatori non credono più nella bontà della banca e come dare loro torto, visti i danni ingenti che l’ex amministrazione Zonin ha provocato, mettendo in ginocchio tante famiglie e aziende in tutto il paese.

In questi giorni la Guardia di Finanza sta perquisendo la sede centrale della banca che si trova nel capoluogo e i finanzieri stanno traducendo in pratica il provvedimento che era stato emesso dalla Procura della Repubblica vicentina nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione, dove Gianni Zonin è stato accusato di ostacolo alle autorità di vigilanza.

L’ispezione segue quella condotta dalla Banca Centrale Europea, che aveva dimostrato come la precedente gestione avesse fatto passare per abili traders pensionati, casalinghe e tante altre categorie di persone. Secondo i vertici di Francoforte i profili di 58mila azionisti non corrispondono assolutamente alla realtà, ovvero non sono in linea con la direttiva europea Mifid, che impone alle banche di classificare in modo corretto i propri clienti, al fine di fornire loro servizi finanziari adeguati.

Ma come sono stati aggirati finora i controlli? Il sistema si propone ‘da manuale’ e sicuramente entrerà a far parte della storia dell’economia nazionale come esempio di malaffare e di cattiva gestione. Il documento stilato dalla Banca Centrale Europea dimostra come negli anni a cavallo fra il 2013 e il 2014 la banca abbia alterato la profilatura dei clienti a suo vantaggio, senza tenere minimamente conto delle direttive europee. Secondo gli ispettori, 29mila sono stati i nuovi sottoscrittori delle azioni che hanno visto crollare il loro prezzo da circa 65 euro fittizi a pochi centesimi di euro, mentre ad altri 29mila è stato offerto il diritto di prelazione ma non sono stati avvisati correttamente dalla banca, che ha inviato loro una lettera alla quale avrebbero dovuto rispondere. I dati parlano chiaro, perché solo una persona su dieci l’ha fatto.

Oltre a fabbricare falsi profili, la banca ha quindi finanziato l’acquisto di azioni e completamente illuso i clienti affermando che avrebbero potuto vendere i titoli acquistati come e quando avessero voluto. Niente di più falso, e negli anni caldi fra il 2013 e il 2014 le richieste di riacquisto da parte della clientela sono diventate insostenibili, fino a raggiungere il miliardo di euro. Questa è quindi la base di una truffa che chiede chiarezza e azione, movimenti che i risparmiatori si augurano verranno messi in atto una volta conclusa l’ispezione delle Fiamme Gialle nella sede centrale del gruppo.

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