Quali sono gli “sviluppi internazionali” di cui parla la Fed?

Continua il recupero del dollaro sull’euro, soprattutto dopo la comunicazione da parte della Fed di non avere la seppur minima intenzione a dare una bella “strigliata” ai tassi. Lo possiamo notare nel riquadro sottostante, dove viene riportata la dinamica real time dell’eurodollaro (Eur/Usd):

dinamica-eur-usd

Tutto dipenderebbe da fattori di natura internazionale, di cui non siamo a conoscenza ma che possiamo ben intuire, visto che all’indomani del “Tapering” (fine del Quantitative Easing), gli Usa hanno fatto trovare in difficoltà molti paesi che avevano fatto i loro “calcoli” sulla monetizzazione del debito pubblico. Onorare gli impegni in dollari Usa, soprattutto quando il dollaro diventa più forte, è ancora più arduo.

Gli Usa stanno tessendo fitte trame internazionali, a partire dallo shale oil e dalla bufera che hanno creato sul mercato delle materie prime, sconvolgendo i piani di altre potenze che molto contano sugli incassi derivanti dalla vendita del greggio. Tra queste vi rientra certamente la Russia, le cui difficoltà sono ulteriormente aggravate dalla caduta del Rublo, ed i paesi arabi che, da parte loro, non intendono arrestare la produzione ed attendono che si giunga al prezzo più basso, al di sotto del quale la produzione diventerebbe anti-economica anche per gli Usa.

Una manovra che fa tenere il fiato agli investitori dato che la variazione dei tassi incide sempre sulla forza o debolezza relativa della valuta. In particolare dobbiamo poter affermare che quando i tassi aumentano, solitamente, il dollaro si apprezza ulteriormente mentre quando i tassi si riducono il dollaro si deprezza.

Perché il dollaro recupera sull’euro?

  • Per i dati sull’economia reale. A quanto sembra, le aspettative sull’inflazione e sulla disoccupazione lasciano ben sperare sul fatto che l’economia Usa vada meglio che in precedenza nei prossimi anni
  • Per la titubanza degli Usa ad alzare i tassi. Ciò, se da una parte non fa apprezzare velocemente il dollaro Usa, vuol dire anche che gli Usa non hanno bisogno di manovre di “raffreddamento” dell’economia, andando ad incidere sul costo del denaro.

La Fed ci ha sempre abituati a queste “attese” da palcoscenico, al punto che ci siamo spesso chiesti quale fosse il suo ruolo: se quello di falco o di colomba. Ora non sapremmo proprio come si comporteranno gli Usa fino all’ultimo momento, dato che come al solito la Fed è sempre piuttosto vaga nelle dichiarazioni.

Quindi, nessuna variazione al corridoio dei tassi 0-0,25% che molto probabilmente resterà sostanzialmente immutato fino al prossimo giugno-luglio. Occhi puntati anche sul settore delle materie prime che sembra, ormai, essere trainato dalle ultime mosse delle “stelle e strisce”. D’altra parte, se pur è vero che i minori costi energetici riducono il peso della bolletta nei paesi importatori, è anche vero che il rafforzamento del dollaro controbilancia tali minori costi, in un contesto generale in cui la politica monetaria espansiva la dice lunga sul tendenziale deprezzamento relativo delle valute europee, dove in primo piano ritorna il Quantitative Easing.

E proprio in questo verte la titubanza degli Usa che finirebbero coll’azzerare tutti i vantaggi che hanno accumulato, tatticamente, nei confronti dei paesi rivali. Non sappiamo se le questioni internazionali di cui aspramente si parla e che hanno causato una vera e propria gelata sui mercati abbiano qualcosa a che vedere con il terrorismo internazionale che vede implicato, prima di tutti gli altri, certamente gli Stati Uniti, tra i paesi “in lista d’attesa”, se così si può dire, per i prossimi tentativi. Di certo, la vendita sul mercato nero del petrolio rappresenta una delle maggiori fonti di sostentamento del califfato nero e, guarda caso, gli Usa stanno rompendo proprio il mercato del greggio.

Giornalista indipendente e trader privato. Sono laureato in Economia e finanza e mi occupo di analisi finanziarie e di notizie sull'economia.

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