Referendum 4 dicembre: crescono le agitazioni dei mercati finanziari

Nell’ultima sessione di Borsa prima dell’esito del referendum del 4 dicembre, è ben lecito attendersi un crescente clima di agitazione e di incertezza sui mercati finanziari. I timori – al di là di come legittimamente la si pensi – sono d’altronde noti, ma si confrontano anche con le situazioni politiche recentemente vissute con Brexit e con l’elezione del presidente USA che, contrariamente alle previsioni, non hanno avuto poi l’effetto dirompente tanto temuto. In altri termini, la paura che possa accadere qualche grave shock in caso di vittoria del NO (come gli ultimi sondaggi disponibili davano per scontata), potrebbe scontrarsi con la tiepida rassicurazione che, in fondo, non vi sono gravi ripercussioni all’orizzonte.

Un mercato sempre più volatile…

Ad ogni modo, negli ultimi giorni si è potuto assistere a un crescente aumento di volatilità da parte delle azioni italiane, finite nuovamente al centro di un ciclo di vendite che, intuibilmente, è sostenuto dalla speculazione. Nelle ultime settimane gli indici domestici hanno archiviato sedute ben più negative rispetto agli altri principali listini europei. Il FTSE MIB ha ceduto nell’ultimo mese il 4,1 per cento, mentre Parigi e Francoforte sono rimaste intorno alla parità e solo Madrid ha fatto peggio con un -5,1 per cento. A ben vedere, le pressioni, seppure in maniera più graduale per la presenza rassicurante della BCE, hanno continuato ad espandersi anche sui titoli di Stato. Il rendimento del BTP decennale ha superato il 2 per cento e lo spread con il Bund ha sfiorato i 190 punti base. Si tratta di un livello superiore a quello della Spagna: qui la differenza tra il tasso del governativo decennale di Madrid e quello del titolo tedesco equivalente si è fermata a 136 punti base. Evidentemente la differente situazione politica è il premio che il mercato chiede per investire sui titoli quotati in Italia.

…ma l’economia italiana migliora (davvero)

Dal punto di vista macroeconomico, intanto, la situazione domestica sta mostrando un progressivo, seppur modesto, miglioramento. La crescita del PIL italiano nel trimestre compreso tra luglio e settembre è stata pari a un buon + 0,3 per cento, meglio delle attese, grazie soprattutto a un rimbalzo della produzione industriale che, nel trimestre, è aumentata di più dell’1 per cento. Il rimbalzo ha riguardato anche la domanda interna, il principale motore di questo recupero, dopo la battuta d’arresto del secondo trimestre. A questo punto l’obiettivo di un aumento dello 0,8 per cento del PIL fissato come traguardo governativo 2016 sembra essere raggiungibile. Nel 2017 le incertezze che potrebbero minare il prosieguo dello sviluppo economico riguardano soprattutto i fattori di rischio esterni: in primis, i tassi a lungo termine in rialzo e la ricomparsa dello spread, tutti elementi che tendono a comprimere la crescita. È importante, quindi, che prosegua nei prossimi mesi il recupero di consumi e investimenti.

Come si stanno comportando i mercati

I mercati sono ancora in fase di “digestione” dalla recente novità della stipula dell’accordo in seno all’OPEC per la riduzione dei livelli produttivi di greggio. Sul fronte dei cambi permangono intanto i soliti temi oltre alla novità del taglio OPEC. La scelta di Mnuchin da parte di Trump come Responsabile del Tesoro, ha spinto al rialzo la valuta USA che è oramai ai livelli massimi da più di nove mesi contro lo yen. L’euro rimane intanto debole in attesa del già citato referendum italiano previsto per domenica. Tra le materie prime, prezzi del greggio in rialzo dopo l’intesa OPEC, a cui – integriamo – si è aggiunta anche la Russia dichiarandosi disponibile a un taglio tra 300.000 e 400.000 barili di petrolio giornalieri. Complessivamente, però, i Paesi non-OPEC parrebbero impegnati a ridurre la propria offerta di altri 600.000 (compresa l’appena ricordata Russia) portando il ribasso totale dell’offerta a 1,8 milioni di barili giornalieri. Si tratta del primo taglio del genere dal 2008.

Spostandoci sul fronte obbligazionario, anche negli ultimi giorni sta proseguendo un andamento prevedibilmente divergente tra i titoli investment grade e quelli high yield: le obbligazioni con rating pari o superiore a BBB- registrano un ritorno totale giornaliero compreso tra -0,15% e -0,2% a seconda dei settori, mentre gli HY guadagnano lo +0,1% da inizio settimana. Sugli IG ha pesato, come accade ormai da parecchie settimane, la dinamica sfavorevole dei tassi core, in particolare sulle scadenze lunghe. L’ultimo mese si chiude con una performance negativa su entrambi i comparti sia IG (-1%) che HY (-0,5%) che però mantengono un ritorno totale positivo ad inizio anno.

Sui titoli di Stato la settimana si conferma piuttosto volatile, con diversi cambi di fronte e con generalizzati rincari dei tassi per il debito europeo, con una migliore performance dei periferici rispetto ai titoli core. Se, infatti, per la curva dei BTP, il rendimento del bond a 2 anni risulta in modesta flessione a 0,05% e quello del decennale è in aumento di 4pb a quota 1,99%, per i Bund invece i rincari sono nell’ordine di 5pb sulla scadenza a 10 anni e superiori per il tratto extra-lungo della curva: a pesare sul debito tedesco è la notizia sul fronte OPEC.

La volatilità dovrebbe permanere anche nei prossimi giorni, inglobando l’esito del referendum italiano e le attese per la riunione BCE di giovedì prossimo.

Esperto di trading e finanza, mi dedico alla stesura di articoli accurati e informativi, con l'obiettivo di fornire approfondimenti e conoscenze utili per orientarsi nel complesso universo degli investimenti.

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