Le mancate novità della Banca Centrale Europea di Mario Draghi penalizzano i listini delle principali Borse internazionali, appesantite dalle attese sulla riunione odierna, e deluse dalle mancate innovazioni sul fronte del quantitative easing. Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di comprendere che cosa (non) è stato deciso in ambito BCE, e come hanno risposto le principali Borse europee.
Riunione BCE 8 settembre 2016
Alla riunione odierna, l’istituto banchiere europeo ha compiuto tre principali mosse: non toccare i tassi di riferimento, non toccare il quantitative easing, toccare (di poco!) le stime di crescita e di inflazione.
Ebbene, i tre punti di maggiore attenzione sono naturalmente valutabili in diverso modo. Per quanto concerne la prima decisione, vi è stata ben poca sorpresa, considerato che nessun analista aveva pensato che Draghi potesse effettivamente ritoccare il costo del denaro, che rimane così fissato al livello in vigore da sei mesi a questa parte: il tasso di rifinanziamento principale è a zero, il tasso sui depositi è a – 0,4% (ovvero, le banche hanno un “rendimento negativo” sul denaro che depositano per un giorno lavorativo nelle casse della BCE). Dunque, nessuna novità, nessuna sorpresa.
Il discorso cambia, tuttavia, passando al secondo punto. Gli osservatori puntavano infatti a una revisione del quantitative easing, e in particolar modo sulla sua proroga e sulla variazione della propria struttura. Ed invece, anche in questo caso, l’Eurotower ha scelto di non toccare i propri parametri di riferimento, con il quantitative easing che rimane valorizzato a 80 miliardi di euro mensili, fino a marzo 2017. Niente è comunque perduto: nel suo comunicato a margine del meeting, infatti, Draghi ha ricordato come l’istituto sia comunque pronto a prorogare fino a quando necessario gli acquisti mensili, sancendo quale obiettivo temporale il momento in cui si riscontrerà un aggiornamento durevole dell’evoluzione dei prezzi, coerente con il proprio obiettivo di inflazione.
A ben vedere, dunque, se da una parte l’istituto banchiere centrale ha effettivamente affermato di non voler modificare – per ora – il termine temporale del QE, ha anche affermato in misura chiara che è pronta a ritoccare la scadenza, fino a quando sarà necessario, compatibilmente con i propri target di inflazione. Il che, tradotto in termini più pragmatici, significa che a questo punto è bene attendersi una proroga a giugno 2017 o a settembre 2017, già nel corso della prossima riunione o a dicembre.
Pochi riferimenti sono invece avvenuti in relazione alla struttura del quantitative easing, che comunque potrebbe essere modificata in parte nella già citata riunione dicembrina. Ad esempio, è possibile che possa esservi una rimozione del limite al rendimento dei titoli acquistabili, o ancora è possibile che possa essere aumentata al 50% la quota di emissione acquistabile dalla BCE (attualmente è al 33%). Difficile che possano essere approvate ulteriori modifiche, come quella – auspicata da alcuni – legata alla distribuzione degli acquisti non più sulla base delle quote di partecipazione al “capitale” della BCE da parte delle singole nazioni, bensì in base al debito in circolazione.
Il terzo punto di analisi è infine relativo alla revisione delle stime. Attualmente, per quanto concerne le previsioni sull’inflazione, la stima è stata ritoccata all’1,2% per il 2017, mentre è invariata quella del 2016. Rimane quindi piuttosto lontano il target vicino al 2%, previsto dallo statuto dell’Eurotower. Per quanto concerne invece le stime sul prodotto interno lordo, la BCE ha stimato un + 1,7% nel 2016 e un + 1,6% per il 2017 e per il 2018.
Come hanno reagito le Borse
A tale ondata di mancate notizie, è corrisposto un andamento piuttosto contrastante da parte delle Borse. Cominciamo da quella italiana: Milano ha prima risposto molto negativamente alle parole di Draghi, per poi metabolizzarle al meglio, rendersi conto che non sono così deludenti come è stato inizialmente riscontrato e, infine, chiudere in rialzo dello 0,48% spinta da MPS. Sicuramente più contrastato l’andamento di Londra (+ 0,18%) e soprattutto di Francoforte (- 0,72%) e Parigi ( -0,34%).
I passaggi in rosso delle piazze finanziarie internazionali si sono così ricondotti a più miti consigli dopo che gli osservatori hanno esaminato con maggiore consapevolezza le parole dell’Eurotower. Leggendo fra le righe le dichiarazioni della BCE, infatti, emerge la sensazione diffusa che la Banca estenderà il quantitative easing entro la fine dell’anno, portandolo quindi oltre la scadenza del prossimo marzo 2017. Draghi ha d’altronde già affermato pubblicamente di aver incaricato il proprio staff interno di valutare le modifiche del programma di QE, con un riferimento che non può essere “casuale” o “involontario”.
Altra “non-notizia” che è stata valutata con graduale positività è relativa alle modifiche strutturali del quantitative easing. Anche se non vi è stato un riferimento specifico in tal senso, numerose sembrano essere le opzioni di revisione dei meccanismi tecnici presenti sulle scrivanie di Draghi. Tra le tante, sicuramente la più gettonata è l’incremento dal 33% al (forse) 50% del valore di un’emissione che può entrare nel portafoglio BCE.