Scandalo tasse: Un euro su 5 non dovrebbe essere pagato dai cittadini italiani.

Il potere esecutivo ha pubblicato ufficialmente il rapporto Fmi-Ocse: debiti fiscali elevatissimi, ma il 22% non sono stati causati dai cittadini

Di recente, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha reso noti i rapporti chiesti al Fondo Monetario e all’Ocse in merito all’efficacia delle amministrazioni fiscali. Ma ciò che è emerso dal responso delle due istituzioni internazionali è da non crederci. Infatti, l’Ocse, ricordando come a settembre 2015 la cifra complessiva superava i 756 miliardi di euro, afferma: «La quantità di debito fiscale in Italia è eccezionalmente alta, ma in questo inventario sono computati circa 180 miliardi di debiti fiscali non dovuti che equivalgono al 22% dell’ammontare complessivo». Questo significa, se si vuole fare una percentuale, che più di un euro su cinque viene preteso dal Fisco, in maniera totalmente indebita, nei confronti dei cittadini italiani. L’associazione, con sede a Parigi, continua dicendo che tale cifra scende al 10% se viene considerato solo il periodo 2010-2014, a dimostrazione che le amministrazioni fiscali hanno tentato di mostrarsi più comprensive, riuscendovi, però, solo in parte.

Nel rapporto si specifica anche cosa sia questo debito non dovuto, in una nota leggiamo, infatti, che questo si crea: «quando, ad esempio, una sentenza decide a favore del contribuente oppure quando un debito fiscale è stato in realtà già pagato dal contribuente o per errori nella procedura di accertamento che ha portato all’emissione del ruolo (che a sua volta genererà la terrificante cartella di Equitalia, ndr)». La nota dell’’Ocse si conclude affermando come «la richiesta di pagamenti indebiti inficia drammaticamente la fiducia dei cittadini nella correttezza e affidabilità dell’intero sistema fiscale». Tutto ciò accade a causa della presenza di profonde lacune in merito alle procedure di accertamento e di riscossione, proprio una di queste è stata presa come oggetto di analisi da parte del Fondo monetario internazionale, che ha evidenziato un uso improprio dei poteri sanzionatori. Il documento, infatti, continua a sottolineare come «le sanzioni da accertamento in Italia sono relativamente elevate e sono applicate in modo coercitivo» ed evidenzia che «sembra essere una pratica standard applicare una sanzione di circa il 90% in prima istanza con la sanzione ridotta automaticamente al 30% se il contribuente accetta la contestazione». Diversamente, però, «se il contribuente si oppone alla contestazione, l’intera sanzione è mantenuta».

Un commento, molto duro, in merito alla vicenda è stato fatto anche dal direttore del Centro politiche fiscali Ocse, Pascal Saint-Amans, il quale sostiene che l’amministrazione fiscale italiana «è dura con il contribuente e tenera con gli evasori: bisogna fare qualcosa per recuperare fiducia». Fmi e Ocse, infatti, sono state chiamate allo studio delle numerose controverse e disfunzioni del sistema italiano, al fine di minimizzare evasione ed elusione, seguendo quelli che sono gli standard internazionali. Secondo i due, sono state fatte poche manovre sul fronte Iva, dove mancano all’appello 30 miliardi di euro, come del resto, anche sui sistemi incentivanti delle Entrate, che vanno a privilegiare la quantità degli accertamenti effettuati, anzi che concentrarsi sul recupero dell’evasione.

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