Nuovo appuntamento con le nostre analisi settimanali sul Forex. Come nostra abitudine, cerchiamo di capire quel che potrebbe accadere nei prossimi giorni, fortemente influenzati dalle riunioni della Fed (soprattutto) e della Boj (in minor parte). Vediamo dunque quale potrebbe essere il destino delle principali valute, orientando il trading a breve termine sul Forex.
Argomenti
Euro
Cominciamo, come nostra abitudine, da uno sguardo sull’euro. La valuta unica europea sulla pubblicazione dei dati USA di venerdì scorso ha corretto di una figura, scendendo fino a 1,1150 EUR/USD. Il movimento sembra poter preparare la valuta unica verso un calo a 1,10 EUR/USD – o più probabilmente poco sotto questa soglia – in presenza di un rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, con una possibilità che – come vedremo – è tuttavia fortemente minoritaria. Ad ogni modo, anche in caso di tassi Fed ancora fermi questa settimana, l’eventuale rafforzamento resterebbe contenuto entro il massimo recente a 1,1327 EUR/USD, a patto che la Fed indichi chiaramente di voler incrementare i tassi prima di fine anno (dati macro di supporto permettendo). Da quanto sopra, uno spunto di rilievo: nell’ipotesi di rialzo tassi, sorprendente, l’euro non si indebolirà fortemente come invece sembrava possibile fino a non troppi mesi fa; nell’ipotesi, prevista, di una posizione di stand by da parte della Fed, l’euro consoliderà o si rafforzerà, ma in un range non certo da brividi.
Dollaro
Il dollaro statunitense ha chiuso la scorsa settimana al rialzo, favorito da un inatteso e ampio rimbalzo messo a segno venerdì sui dati. L’inflazione di agosto ha infatti sorpreso positivamente verso l’alto, salendo più delle attese sia nella misura “headline” sia nella misura “core”. Le indicazioni giunte dai dati di inflazione hanno dunque avuto la meglio sui dati, non troppo esaltanti, che provengono dalla fiducia delle famiglie (calcolati dall’Università del Michigan) che è rimasta stabile contro attese di aumento. Con il movimento di venerdì il dollaro è dunque risalito sui livelli d’inizio mese, anche se potrebbe non durare.
Questa settimana, infatti, i riflettori degli analisti e dei trader di tutto il mondo saranno ovviamente puntati sul FOMC di mercoledì 21 settembre, del quale abbiamo parlato più volte nel corso delle ultime settimane. L’esito della riunione è molto incerto e la discussione interna sarà accesa. Le attese di consenso sono per tassi fermi (questa è anche la nostra previsione), ma questo non dovrebbe penalizzare il dollaro statunitense in misura rilevante poiché, come abbiamo già avuto modo di vedere nei paragrafi che precedono, l’euro non avrà modo di rafforzarsi in misura significativa (e lo stesso dovrebbe dirsi anche nei confronti delle altre valute, il cui rafforzamento sarebbe modesto).
La ragione di questa prudenza nel verificare eventuali indebolimenti lievi e parziali del dollaro nell’ipotesi in cui la Fed non toccherà al rialzo i tassi di interesse è semplice e già accennata: è infatti molto probabile che la Federal Reserve, nel suo comunicato, possa indicare l’intenzione di alzare comunque i tassi prima di fine anno, al FOMC del 2 novembre (difficile) o del 14 dicembre (più probabile). Requisito ovvio per poter effettuare tale rialzo è rappresentato dalla tenuta dei dati macro, un cui breve cenno dovrebbe essere inserito all’interno del comunicato.
Di contro, nell’ipotesi, improbabile, che la Fed scelga di alzare il livello dei tassi di interesse di riferimento, il biglietto verde dovrebbe beneficiarne. Anche in questo caso, però, riteniamo che l’effetto possa essere contenuto, perché in questa ipotesi (ripetiamo: a nostro giudizio piuttosto improbabile), la Fed potrebbe mettere l’accento sul fatto che comunque il sentiero di rialzi del prossimo biennio sarà più graduale di quanto ipotizzato precedentemente.
Sterlina
Così come l’euro, anche la sterlina ha corretto sui dati USA e in questo caso più dell’euro. Contro dollaro la sterlina è infatti scesa da 1,32 a 1,30 GBP/USD, ed ha perso quasi una figura contro euro fino a 0,8582 EUR/GBP. La prospettiva di un altro taglio dei tassi della Bank of England prima della fine dell’anno in corso, emersa dalla riunione dell’istituto monetario di giovedì scorso, rende infatti la sterlina temporaneamente più vulnerabile. Un eventuale rialzo dei Fed Funds questa settimana potrebbe avere l’effetto di spingere la moneta sotto quota 1,30 GBP/USD, ma difficilmente sono prevedibili degli indebolimenti più significativi, tali da condurre la valuta al di sotto dei minimi recentemente sperimentati intorno a 1,28 GBP/USD. Il calo si trasmetterebbe anche contro euro, ma anche in questo caso dovrebbe restare contenuto entro e non oltre i minimi recenti in area 0,87 EUR/GBP.
Yen
Concludiamo infine con un breve sguardo sullo yen giapponese, anch’esso calato sulla pubblicazione dei dati USA, ma in misura evidentemente piuttosto modesta, da 101 a 102 USD/JPY. Da quanto sopra ne è conseguito che lo yen ha potuto apprezzarsi contro euro passando da 114 a 113 EUR/JPY. Come noto, il 21 settembre non è solo appuntamento utile alla Fed, quanto anche appuntamento atteso per la Bank of Japan, che si riunirà per presentare, poi, l’assessment della strategia di policy dopo la scarsa efficacia dimostrata delle precedenti misure nel conseguimento dell’obiettivo di inflazione, che è andato invece allontanandosi sempre più nel tempo. Le attese degli analisti (cui ci uniamo) sono per l’adozione di nuove misure di stimolo che potrebbero prevenire un ulteriore apprezzamento dello yen (condizione, questa, molto sgradita alle autorità locali). Attenzione però alla complessità di analisi che potrebbe essere suscitata dalla simultaneità con la riunione della Fed. In linea di massima, l’impatto rialzista in caso di non-rialzo sarebbe contenuto dato che si tratterebbe solo di un rinvio, così come limitato dovrebbe essere pure l’impatto ribassista di un rialzo, in quanto accompagnato da un’indicazione di rialzi ancora più graduali di prima nel prossimo biennio.