Shell taglia 12.200 posti di lavoro: è il risultato della crisi del petrolio?

Non è bastata la ripresa del valore del greggio per ristabilire equilibrio all’interno delle aziende petrolifere. Shell, leader del settore, ha infatti comunicato che si appresta a tagliare 2200 posti di lavoro a livello internazionale, una decisione che si aggiunge ai tagli di personale che erano già stati decisi con l’acquisizione di Bg Group.

Il totale dei posti di lavoro dichiaratamente ‘bruciati’ sale quindi a 12.500 considerando il biennio 2015-2016.

Si tratta di cifre molto importanti, che sono state esposte dal vice presidente per il Regno Unito e Rosalinda Goodfellow, come tagli necessari e difficili, inseriti nell’ottica di una recessione prolungata che ha costretto la società a tagliare forza lavoro perché possa mantenersi competitiva sul mercato.

La scelta di tagliare la forza lavoro si lega inesorabilmente ai dati più recenti, che hanno dimostrato come l’utile lordo Shell si sia letteralmente dimezzato a partire dal 2014. La compagnia ha quindi scelto di cedere proprietà e di tagliare la forza lavoro, puntando il tutto per tutto sulla fusione con British Gas.

Chi ha pagato, quindi, il conto più salato nella diminuzione del prezzo del greggio? Certamente la società nel suo complesso, ma in pratica i 12.500 lavoratori che si troveranno senza occupazione per cause puramente legate al mercato.

Quotazione in tempo reale Azioni Shell

Shell aveva infatti tagliato 7500 posti di lavoro per fare fronte al calo del prezzo del petrolio, sceso a 27 dollari nel mese di gennaio dello scorso anno. Considerando che nel mese di giugno del 2014 un barile di petrolio costava 100 dollari, si può comprendere il capovolgimento di un settore che sicuramente fa scoppiare di felicità chi sta dalla parte delle energie green, ma che si scontra con la realtà di tanti lavoratori che si apprestano a perdere il loro posto di lavoro, almeno fin a che la società non deciderà di operare su campi energetici alternativi e quindi di reinserire la sua forza lavoro proponendo una politica di indirizzo completamente diversa da quella originale. Utopia? Non tanto, perché visti i trend molte sono le compagnie che stanno pensando al futuro e che al posto dell’oro nero stanno meditando di impiegare altre fonti energetiche, avvallando un futuro pulito e non più schiavo dell’oro nero.

Giornalista indipendente e trader privato. Sono laureato in Economia e finanza e mi occupo di analisi finanziarie e di notizie sull'economia.

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