Lo spettro della deflazione aleggia ancora

I mercati ultimamente sono una “fucina” di novità. Stiamo assistendo a nuove “alleanze” che fanno muovere in sinergia il forex ed i cambi: da Tokyo a Wall Street, dai Brics ai nuovi draghi. Le linee-guida della finanza si stanno diramando proprio adesso, sull’onda dei recenti sconvolgimenti: dalle dubbie sorti dei Bitcoins, sino alle monete digitali, all’importanza sempre più centrale della moneta sull’economia reale.

Ma non staremmo sbagliando ad invocare la deflazione?

Gli investitori, mai come adesso, si sono permeati di nuove “idee” su quello che sarà, via via, lo snodarsi delle quotazioni di borsa, in quel saliscendi che “verticalizza” l’investimento, anche su base intra-day. Meno attenzione, pertanto, al medio-lungo termine: si accorciano gli intervalli di investimento e predominano le tattiche “rivisitate” sulle strategie tradizionali. Niente più “classici” delle correlazioni nel Forex, o almeno questa è l’impressione che molti hanno.

Come si può ancora parlare di deflazione e di dinamiche dei prezzi se le vere protagoniste dei mercati sono le dinamiche finanziarie? E ben sapendo i limiti “cognitivi” delle procedure statistiche adottate per stimare la deflazione o l’inflazione attesa, ecco perché tra i “market mover”, questi annunci non hanno più la stessa funzione di “richiamo” per gli investitori. Oggi un solo dettaglio balza agli occhi :quali saranno le misure di politica monetaria adottate dalla Banca Centrale?

Se per dato di fatto, la politica fiscale non interessa più, il dato sul potere d’acquisto (deflazione, inflazione di natura reale e non monetaria) non può essere veicolato dal solo “paniere” rappresentativo per ill consumatore medio e, quindi, dai prezzi. Il paniere andrebbe aggiornato tenendo conto che le abitudini al consumo sono drasticamente cambiate. Se prima i beni fondamentali erano rappresentati da un “cesto di frutta”, dal pane, dalla pasta, oggi non può mancare in mano ad ogni consumatore (e non per bisogno “voluttuario”) lo smartphone, il tablet, il pc. Anche per questi beni, per così dire essenziali, va stimato il tasso di aumento dei prezzi. E le medie non ci aiutano perché “omogeneizzano”, come eravamo abituati, una molteplicità di generi di consumo ad uno solo. I consumatori sono, piuttosto, sempre più attratti da Internet per acquistare tutto quello di cui necessitano: dall’alimentazione, al vestiario, ai prodotti ornamentali. Il progresso tecnologico, delle mode e dei costumi ci ha fatto avere quella “globalizzazione” tanto taciuta nel modo in cui neanche ce lo aspettavamo.

Le principali “grane” sono per le istituzioni che hanno difficoltà, persino, a stimare gli aggregati monetari da M1 a M3, alla base delle decisioni del policy maker. Il nuovo nobel per l’economia? Niente più policy a questo punto, ma teoria dei giochi e microeconomia comportamentale. Un economista francese ha sterminato la concorrenza.

Queste le dichiarazioni di Visco, governatore della Banca D’Italia, alla 90° Giornata del risparmio: “Non siamo in deflazione, ma possiamo ignorarne il rischio concreto”.

Dalle ultime stime alla mano, sembra proprio che la crisi dei consumi, lo stallo della produzione abbiano fatto scendere i prezzi, nei limiti dei dati riflessi dalle statistiche: le aspettative di inflazione per i successivi orizzonti temporali non sono mai state a livelli così bassi con dati ufficiali che portano il tasso d’inflazione a soglie inferiori all’1%.

Ma siamo sicuri che non bisogna proprio revisionare le stime ufficiali? In Italia, l’abolizione molti anni fa della “scala mobile” per i salari dei dipendenti ha fatto decadere l’importanza del meccanismo di adeguamento all’inflazione. Via via, si sta facendo sempre più diminuire l’importanza di un uso consolidato da decenni: quello di adeguare la retribuzione al nuovo “costo” stimato della vita, sempre fermo restando che sia quello effettivo. Per molto tempo, il “ciclone” sul blocco degli stipendi (stipendi non rivalutati, da non confondere con stipendi non liquidati) ha infiammato letteralmente il dibattito pubblico.

In economia, ci stiamo rendendo conto di una cosa soltanto. Gli aggregati sembrano non funzionare più e non avere quell’evidenza segnaletica che, agli scopi di policy, è importante. Per questo, ormai, parlare di deflazione ed inflazione sembra non convincere più nessuno.

Appassionato di economia e finanza, porto il mio parere indipendente sui temi economici di maggiore interesse. Nel 2008 sono diventato giornalista ed editore.

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