Come sta il mercato del lavoro italiano?

Tra gli ambiti macroeconomici di maggiore rilevanza, il mercato del lavoro italiano continua a fornire dati piuttosto contrastanti, impedendo dunque agli analisti di poter offrire uno spaccato omogeneo delle proprie opinioni (ancorchè, in verità, tendenti al positivo). Ma, archiviata la metà dell’anno, come sta il mercato del lavoro? Stiamo realmente migliorando o i dati macro in pubblicazione sono una vetrina poco trasparente?

Tasso di disoccupazione

Cominciamo con l’elemento “simbolo” dell’andamento del mercato del lavoro italiano, il tasso di disoccupazione. Il tasso a giugno è salito a sorpresa all’11,6%, dopo che nel precedente mese di maggio aveva dato dimostrazione di essere calato all’11,5%.Ancora una volta però bisogna ricordare come l’aumento sia dovuto interamente al calo degli inattivi (diminuiti di 51 mila unità, per la quarta flessione consecutiva), in grado di favorire la crescita del denominatore dell’indicatore, ovvero delle forze di lavoro, per 98 mila unità (+0,4% su base mensile). Contemporaneamente, sono aumentati anche gli occupati, anch’essi per il quarto mese consecutivo, di 71 mila unità (+0,3% su base mensile, contro +24 mila unità o +0,1% su base mensile di maggio). Ne è conseguito che il tasso di occupazione ha raggiunto, al 57,3%, un massimo dal 2009 ad oggi, ma il tasso di disoccupazione è cresciuto poiché i nuovi occupati sono inferiori al numero dei nuovi “attivi” (un segno, questo di come sempre più persone precedentemente “scoraggiate”, sono tornate a cercare attivamente un posto di lavoro). Migliora inoltre il dato del tasso di disoccupazione giovanile, in controtendenza rispetto all’indice generale, per quanto ancora in condizioni di evidente gravità: il tasso è infatti sceso a 36,5% da 36,8%, raggiungendo un nuovo minimo da ottobre del 2012.

Tra gli altri dati del mercato del lavoro, ricordiamo come, differentemente da quanto accaduto lo scorso mese, sono aumentati gli occupati indipendenti (+78 mila unità, dopo il calo di -20 mila unità nel mese precedente), mentre i dipendenti sono calati marginalmente (-7 mila unità) dopo gli aumenti consistenti dei tre mesi precedenti. La ripresa degli occupati è diffusa a tutte le principali classi di età, con l’unica eccezione rappresentata dai giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni, calati di 10 mila unità. Su base annua, l’occupazione totale mantiene un ritmo di crescita superiore a quello del PIL (+1,5% ovvero +329 mila posti di lavoro), con la crescita tendenziale ancora una volta trainata principalmente dai dipendenti permanenti (+207 mila unità ovvero +1,4%).

Dai dati di cui sopra, è possibile trarre una sintesi, parzialmente forzata: la salita del tasso di disoccupazione non dovrebbe preoccupare e non dovrebbe essere interpretata come una temuta inversione di tendenza, visto e considerato che – come sopra abbiamo anche anticipato – la diminuzione degli inattivi è frutto di un minore effetto – scoraggiamento, e sta causando una pressione verso l’alto sul tasso dei senza-lavoro. Si noti inoltre come la tendenza potrebbe permanere nei prossimi mesi, e che quindi il tasso di disoccupazione potrebbe nuovamente aumentare di uno o due decimali. Sarà pertanto importante accompagnare la visione di tale dato con quella del numero dei nuovi assunti, e del rapporto tra attivazioni e cessazioni di contratti.

Inflazione

Un altro dato macro di sicura rilevanza per l’orientamento delle valutazioni sullo stato di salute dell’intera economia italiana e, almeno parzialmente, per l’orientamento di una quota delle proprie decisioni di investimento è legato all’andamento dell’inflazione. Secondo le ultime rilevazioni, i prezzi al consumo sono cresciuti di 0,2% su base mensile a luglio secondo l’indice NIC, mentre sono calati di -1,8% in base all’armonizzato Ue (che invece, contrariamente all’indice NIC, tiene conto delle variazioni temporanee di prezzo). L’inflazione annua è risalita a -0,1% (da -0,4% sul NIC e -0,2% sull’armonizzato a giugno).

Complessivamente, i dati sopra mostrati sono risultati superiori alle attese, con l’incremento nel mese (secondo l’indice nazionale) che risulta essere determinato principalmente dai rincari, soprattutto di natura stagionale, delle spese per cultura e tempo libero (+1,4% su base mensile) e dei trasporti (+1,1% su base mensile). In tale ultimo caso, si noti come gli aumenti non siano stati determinati dai carburanti (come invece avveniva spesso in passato) bensì dai servizi di trasporto aereo e marittimo. Da segnalare anche i rincari per i servizi ricettivi e di ristorazione (+0,3% su base mensile), le spese per abitazione, acqua, elettricità e combustibili e gli altri beni e servizi (+0,2% su base mensile). Viceversa, sono scesi i prezzi delle comunicazioni (-0,9% dopo il -1% su base mensile di giugno), di alimentari e bevande (-0,8% su base mensile, per via di frutta e vegetali freschi) e di scarpe e abbigliamento (-0,1% su base mensile). I capitoli di spesa che mantengono una tendenza deflattiva su base annua sono da qualche mese appena due (su un totale di 12): i trasporti (-2,2% da -2,3% di giugno) e le spese per abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-2% da -2,4%), ovvero le due componenti più legate ai prezzi dell’energia (su cui permane un effetto statistico favorevole, peraltro in via idi diminuzione), ricorda un recente comunicato Intesa.

Infine, si noti come l’inflazione c.d. “di fondo” (cioè al netto di energetici e alimentari) è salita di 0,4% su base mensile e da 0,5% a 0,6% su base annua.

Esperto di trading e finanza, mi dedico alla stesura di articoli accurati e informativi, con l'obiettivo di fornire approfondimenti e conoscenze utili per orientarsi nel complesso universo degli investimenti.

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