Lo Stato americano contro Deutsche Bank: truccati gli scambi di valuta?

Si tratta di una denuncia con la D maiuscola, di un’azione che si propone come un caso isolato ma di elevata portata da parte dello Stato americano contro il colosso Deutsche Bank. Sul banco degli imputati il software Autobhan, che avrebbe consentito al colosso bancario tedesco di limitare le perdite, ritardando l’esecuzione degli ordini e addirittura di non prenderli in carico se considerati sfavorevoli dall’Istituto di Credito teutonico.

Ebbene, dopo le denunce che hanno interessato il recente dieselgate, sembra che la Germania abbia un’altra bella gatta da pelare in materia economica, perché lo Stato americano ha scelto di denunciare un software che sulla carta sarebbe in grado di danneggiare i correntisti, proponendosi solo dalla parte della banca come un’autostrada che corre in un unico verso. Come accaduto nel caso del dieselgate che ha interessato la casa automobilistica Volkswagen, anche in questo caso la denuncia è partita dalla terra d’America, a riprova che gli States non ci stanno ad essere imbrogliati dal vecchio continente, che si tratti di automobili o di conti correnti manipolati.

La notizia della denuncia è apparsa sul quotidiano Der Spiegel, e ha rivelato che Deutsche Bank, considerato il primo istituto di credito della Germania, avrebbe incorporato all’interno della sua piattaforma Autobahn un software dedicato agli scambi di valuta in grado di apportare danno ai correntisti e favorire le transazioni bancarie. L’accusa sta alla base di una class action che sarebbe stata presentata dallo studio legale statunitense Hausfeld qualche giorno prima delle festività natalizie a New York.

La piattaforma Autobahn, che in lingua tedesca significa per l’appunto autostrada, sarebbe quindi stata programmata per disporre ritardi sugli ordini dei clienti e addirittura per rifiutarli se essi si fossero presentati nocivi per lo stesso istituto in termini di guadagno. In alcuni casi, il software avrebbe creato ordini a un tasso più basso rispetto a quello visualizzato dagli stessi clienti.

Se tutto ciò fosse dimostrato, si tratterebbe di una truffa colossale ai danni dei correntisti, ingannati da uno strumento messo sulla carta al loro servizio, ma nella realtà preposto a fare i soli interessi dell’Istituto di Credito. Nel frattempo, Christopher Rother Ad di Deutsche Bank ha scelto di portare la situazione alla corte di Londra, dove vengono discusse le questioni economiche. L’opinione pubblica resta quindi in attesa del verdetto su una questione che potrebbe gettare ombre sull’economia tedesca, soprattutto su quella legata alle banche e alle transazioni economiche.

 

Appassionato di economia e finanza, porto il mio parere indipendente sui temi economici di maggiore interesse. Nel 2008 sono diventato giornalista ed editore.

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