Tassi Fed fermi: ecco come si è concluso il FOMC

La riunione del FOMC si è conclusa come avevamo ampiamente anticipato: i tassi di riferimento sono stati mantenuti sullo stesso livello abbracciato oramai da nove mesi, e contemporaneamente sono state fornite delle indicazioni di un probabile rialzo entro fine anno. Tuttavia, guai a riassumere quanto accaduto in seno al comitato in poche righe: cerchiamo di capire come si sia arrivati a queste scelte, e cosa ha in serbo per noi il prossimo futuro…

Tassi fermi: disaccordo evidente

Cominciamo dal primo nodo, quello dei tassi di riferimento. Da quanto è emerso, la decisione di mantenere invariati i tassi non è stata assunta all’unanimità, ma ha avuto ben tre voti contrari (George, Mester, Rosengren) che avrebbero preferito un rialzo dei tassi già ora. Sarà interessante osservare, dalla pubblicazione dei verbali tra tre settimane, se il dissenso è stato netto anche fra i non votanti (riteniamo di si). Quanto sopra sta a significare una cosa: il comitato è spaccato, e il dibattito intorno al rialzo o meno dei tassi probabilmente è andato in archivio senza eccessivi drammi solo per l’evidente mancanza di urgenza per il proseguimento del processo di normalizzazione: l’economia statunitense sembra infatti vivere in una prolungata condizione di stazionarietà, con crescita vicina al potenziale, mercato del lavoro al pieno impiego e inflazione in graduale rialzo verso l’obiettivo della banca centrale. Insomma, i presupposti per un rialzo ci sono, ma il comitato sembra aver preferito aspettare ancora.

Bene l’economia USA

Nel FOMC è emersa infatti una valutazione positiva dell’economia statunitense, certamente migliore della view di luglio. Tra i principali elementi di soddisfazione, si rileva ad esempio una ripresa della crescita, un continuo miglioramento del mercato del lavoro, un’espansione forte dei consumi. Non mancano però i persistenti motivi di lamentela: come a luglio, infatti, gli investimenti fissi continuano ad essere piuttosto deboli. Sull’inflazione non ci sono invece delle novità, con il FOMC che ha continuato a ritenere che la dinamica dei prezzi rimane sotto l’obiettivo, in parte a causa del sentiero passato di petrolio e cambio, mentre le aspettative di inflazione restano basse. Lo scenario è di crescita moderata, miglioramento del mercato del lavoro e graduale rialzo dell’inflazione nel medio termine.

Rialzo entro breve termine

Se fino a questo momento le novità non erano ritenute molto esplicite per poter orientare le prossime decisioni FOMC, le valutazioni si fanno più interessanti quando, nel comunicato a margine della riunione, viene affermato che “il caso per un rialzo si è rafforzato ma abbiamo deciso di aspettare” per vedere ulteriore progresso verso gli obiettivi. Si dia anche uno sguardo alla valutazione dei rischi, nel passaggio in cui si legge che “i rischi di breve termine appaiono circa bilanciati”. Si tratta di un riferimento molto importante, poiché da inizio anno ad oggi il FOMC aveva sospeso il giudizio sui rischi e a luglio si limitava ad affermare che i rischi erano scesi, pur senza dare un giudizio. Quanto basta per far ritenere agli stakeholders che si tratti di un chiaro segnale di preparazione per un rialzo ravvicinato, a patto che i dati macroeconomici reggano (nel comunicato si legge che “il comitato continua a monitorare da vicino gli indicatori di inflazione e gli sviluppi economici e finanziari globali”).

Previsioni macro

A proposito di dati macro, nelle proiezioni ora annunciate ed estese fino al 2019, si accenna a una proiezione di crescita per fine 2016 che è solo marginalmente inferiore a quella di giugno (1,8 per cento da 2 per cento di giugno); più rilevante è invce la stima più bassa della crescita potenziale, a 1,8 per cento da 2 per cento. La strada della disoccupazione è di un decimo più alto a fine 2016 (4,8 per cento da 4,7 per cento), ma più basso nel 2018; il punto rilevante è che il FOMC prevede il tasso di disoccupazione al di sotto dell’equilibrio (sempre stimato a 4,8 per cento) su tutto l’orizzonte previsivo (4,6 per cento nel 2019). Per l’inflazione, i cambiamenti sono marginali: il deflatore core è visto a 1,7 per cento a fine 2016, 1,8 per cento nel 2017 e 2 per cento nel 2018 e 2019. Per quanto concerne infine lo scenario dei tassi, il FOMC ha prodotto revisioni verso il basso alle mediane per il sentiero e per il punto di arrivo: per il primo l’estensione delle previsioni al 2019 ha condotto a spalmare gli aumenti su un anno in più, con due rialzi nel 2017, tre rialzi nel 2018, tre nel 2019; per il secondo, il punto di arrivo è rivisto marginalmente verso il basso a 2,9 per cento da 3 per cento.

Conclusioni

A nostro giudizio, prima di esprimere un giudizio approfondito su quel che accadrà a novembre e, soprattutto, dicembre, bisognerà attendere la pubblicazione dei verbali, tra tre settimane, utili per poter ottenere un migliore quadro del dissenso e maggiori informazioni sulle prospettive per il prossimo rialzo. In tal merito, riteniamo che il prossimo rialzo si terrà a dicembre, a meno che i dati in pubblicazione ad ottobre non siano talmente convincenti da spingere la Fed ad alzare i tassi già a novembre, “dimenticandosi” del fatto che la riunione si terrà pochi giorni prima delle elezioni presidenziali USA. Prodotto il rialzo dei tassi a dicembre, è possibile che poi il costo del denaro rimanga fermo per almeno due trimestri, ripartendo da metà 2017 in poi.

Esperto di trading e finanza, mi dedico alla stesura di articoli accurati e informativi, con l'obiettivo di fornire approfondimenti e conoscenze utili per orientarsi nel complesso universo degli investimenti.

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