Nell’attesa riunione dello scorso 8 settembre, la Banca centrale europea ha scelto di lasciare invariati i livelli dei tassi di interesse e i programmi straordinari di politica monetaria (quantitative easing). Pochi nuovi spunti emergono inoltre dalla conferenza stampa dell’autorità monetaria, con Draghi che torna a ribadire il messaggio già emerso nei meeting precedenti: l’economia europea è piuttosto debole, e lo scenario economico rimane soggetto a rischi verso il basso. Ne consegue che la politica monetaria non può che rimanere accomodante per sostenere la ripresa e il ritorno dell’inflazione in linea con il target. Dunque, come abbiamo avuto modo di ricordare nelle ore successive alla chiusura della riunione, per il momento la BCE non ha fatto altro che ribadire l’efficacia del programma già annunciato, sottolineando come il Board si impegni a valutare le opzioni possibili per garantirne un’attuazione quanto più efficace e lineare del QE. Nel corso della sessione di domande e risposte, il Presidente ha però esplicitamente chiarito che il Consiglio, nel corso della riunione, non ha discusso delle possibilità di un’estensione del programma di acquisto titoli. Insomma, tutto rinviato, a data da (quasi) destinarsi.
Le stime
Con riferimento all’atteso aggiornamento delle stime macroeconomiche, prime ad essere pubblicate dopo l’esito del referendum inglese dello scorso 23 giugno (Brexit), la BCE prende atto del deterioramento dello scenario rivedendo, in misura in verità marginale, le proiezioni sia per il PIL che per l’inflazione. I dati più recenti appaiono pertanto in linea con una prosecuzione della crescita nel 3° trimestre sugli stessi livelli del 2° trimestre, con prospettive di espansione che pertanto indicano un ritmo moderato ma stabile. I rischi verso il basso riferiscono inoltre di fattori principalmente esterni, con conseguente taglio delle stime sul PIL pari a un decimo per l’anno corrente e il successivo biennio, che si traduce in una crescita attesa di +1,5% nel 2016 e di +1,6% nel 2017 e 2018.
Rispetto al profilo d’inflazione, invece, le nuove previsioni hanno preso atto delle pressioni al ribasso derivanti dalla dinamica dei prezzi di servizi che però, nella parte finale dell’anno corrente, dovrebbero essere bilanciate da effetti base favorevoli che dovrebbero guidare un’accelerazione dell’inflazione. Nel complesso, il nuovo scenario conferma il CPI in crescita a +0,2% nel 2016, come nelle stime di giugno, mentre rivede verso il basso i valori per il prossimo biennio con un taglio di un decimo, da +1,3% a +1,2% a/a, per il 2017 e la conferma del punto di arrivo a +1,6% a/a per il 2018.
Insomma, come ampiamente atteso, Draghi ha rinnovato la propria consueta retorica comunicativa accomodante, garantendo che la BCE rimane pronta a intervenire con tutti gli strumenti necessari e previsti dal mandato. La discesa dei tassi a lungo termine sui mercati finanziari conferma, del resto, l’efficacia delle misure messe in atto finora ed esprime l’aspettativa di una prosecuzione dello stimolo. La limitata revisione delle previsioni di crescita e inflazione non appare tale da giustificare nel breve nuovi interventi.
Tassi di interesse
Ancor prima della riunione BCE, i tassi Euribor (parametro di riferimento per i tassi di interesse variabile applicati a mutui e a prestiti) sono ulteriormente scesi su livelli ancor più negativi sulle principali scadenze. Tale quadro di tassi Euribor compressi verso il basso dovrebbe confermarsi anche per i mesi a venire, amplificando pertanto il lungo periodo storico recente di tassi ai minimi livelli.
Per quanto concerne invece i parametri di riferimento per i tassi di interesse fisso, i tassi Eurirs (sia su 10 che 30 anni) hanno registrato un leggero rialzo dopo la riunione BCE e i commenti di alcuni esponenti della Fed che lasciano intravedere un possibile (ma improbabile) aumento già a settembre. Riteniamo infatti difficile che il FOMC del prossimo 21 settembre possa concretamente muovere verso un incremento dei tassi di riferimento, ritenendo invece preferibile assumere tale decisione nell’ultima occasione utile per il 2016 (saltando pertanto l’opportunità data dalla prossima riunione, che sarebbe troppo ravvicinata all’esito delle elezioni presidenziali USA). In ogni caso, i livelli dei tassi Eurirs restano vicini ai minimi da un anno circa.
Meglio indebitarsi a tasso fisso o a tasso variabile?
Chiudiamo infine questo breve approfondimento sui tassi di interesse post riunione BCE cercando di rispondere a una domanda che giunge frequentemente nella nostra redazione: è meglio indebitarsi a tasso di interesse fisso o a tasso di interesse variabile?
Fermo restando che una risposta puntuale potrà esser data solo con riferimento allo specifico caso, in linea di massima si può comunque ricordare come sia ben giustificabile, dal quadro in esame, una tendenziale preferenza verso l’indebitamento a tasso fisso rispetto a quello a tasso variabile, per gli orizzonti temporali medio-lunghi. Gli orizzonti temporali brevi o brevissimi possono invece beneficiare in misura più significativa di un prolungato periodo di tassi Euribor o BCE a livelli minimi.
Insomma, considerato il basso livello dei tassi di interesse finali applicati ai capitali oggetto di finanziamento, non possiamo che indicarvi una preferenza verso il fisso, in grado di congelare l’importo dell’indebitamento e la sua onerosità complessiva, anche quando – tra almeno 2-3 anni – i tassi di interesse di riferimento riprenderanno a crescere, rendendo gradualmente più “cari” i tassi finali variabili applicati sui finanziamenti.