Come atteso e come avevamo anticipato negli scorsi giorni illustrando i principali market mover della settimana, le ultime ore sono state piuttosto intense per quanto concerne le dichiarazioni di alcuni dei principali esponenti Fed.
Dichiarazioni Fed
Cominciamo dal vertice dell’istituto monetario che, tuttavia, è anche la parte che si è resa protagonista delle dichiarazioni meno in grado di apportare valori aggiunti: Yellen ha infatti replicato una comunicazione molto prudente, evitando di toccare direttamente i temi relativi alla politica monetaria, e limitandosi a ricordare che l’economia statunitense è in una fase di ripresa e che il mercato del lavoro è in netto miglioramento dalla fine della recessione, sebbene rimangano ancora aree di disoccupazione elevata.
Sicuramente più spunti sono stati offerti dalle dichiarazioni di Fischer, che ha affermato che a proprio avviso quest’anno altri due rialzi sono “appropriati” e sono anche in grado di rappresentare la sua previsione (pertanto, tre rialzi in tutto, sommando anche quello già deliberato a marzo). Il membro del board Fed ha poi sottolineato che l’istituto monetario sta seguendo i negoziati fra l’Amministrazione e il Congresso con particolare attenzione, al fine di poter disporre di maggiori informazioni sui dettagli delle riforme (fiscale in primis) che si evolveranno man mano in sede legislativa. C’è infine stato anche spazio per un cenno sulla sua possibile permanenza nel board Fed anche successivamente alla scadenza del suo mandato di vice presidente: Fischer si è però mantenuto vago, dichiarando che sta considerando la questione, e che attualmente non ci sono le condizioni per potersi esprimere su una vicenda che, a ben vedere, ha un solo precedente storico.
Altra dichiarazione di rilievo è poi stata quella di Powell, che ha auspicato che i tassi si muovano lentamente verso la neutralità, per poi affermare che “c’è spazio per altri rialzi quest’anno”, ma senza indicare quanti. Powell ha anche aggiunto che è presto per poter prevedere le decisioni sul bilancio, la cui riduzione dovrebbe avvenire quando c’è maggiore forza nella ripresa, ed ha poi sottolineato che il board ha attualmente solo 4 membri, un numero che lui giudica “molto ridotto”.
Dalle banche federali si è poi espresso George (Kansas City), che ha dichiarato che la Federal reserve è impegnata ad alzare i tassi gradualmente verso un obiettivo di neutralità, in un contesto in cui bisognerà osservare con crescente attenzione l’evoluzione dello scenario di politica fiscale. Insomma, complessivamente i discorsi dalla Fed sembrano confermare uno scenario di graduali rialzi dei tassi quest’anno, verso livelli coerenti con una politica monetaria neutrale, ma rimangono evidentemente soggetti alla forte incertezza che abbiamo sottolineato più volte negli ultimi tempi, relativamente alle politiche fiscali di Trump.
A proposito di Trump
Considerato che lo abbiamo appena reso oggetto di un breve cenno, occupiamoci proprio di Trump che, dopo aver fallito il tentativo di riforma sanitaria, prova ora a evitare guai peggiori sul rinnovo dell’appropriation bill, in scadenza il prossimo 28 aprile, e necessario a finanziare il governo. La leadership repubblicana ha segnalato che la nuova legge di finanziamento per il resto dell’anno fiscale non dovrebbe contenere misure controverse, auspicando che in tal modo si possa contare anche sul voto dei democratici.
Questo cenno non è certo irrilevante: potrebbe infatti risultare essere probabile l’esclusione, dai contorni della legge, di alcuni dei punti più controversi indicati da Trump nella sua proposta di budget e che sono stati larghi protagonisti della propria campagna elettorale. Si pensi tra i principali al finanziamento del muro con il Messico, al significativo incremento della spesa per la difesa, e alla riduzione di alcune voci di spesa come i contributi a Planned Parenthood.
Il pericolo che il potenziale voto bipartisan sia inficiato da ripercussioni su quanto Trump sta cercando di fare su altri fronti è tuttavia esistente: il presidente ha appena firmato un ordine esecutivo per eliminare le politiche introdotte da Obama per ridurre l’uso del carbone nella produzione di energia e, anche se tale ordine non va a modificare il trend di calo dell’utilizzo del carbone, rappresenta comunque il tentativo di mantenere fede a una delle tante promesse elettorali. Proseguono intanto le indagini sul c.d. “Russiagate”, in seno alle quali saranno sentiti numerose persone (apparentemente) informate dei fatti…