I BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) sono una particolare categoria di titoli a medio lungo termine, emessi dal Tesoro con scadenze che vanno dai 3 ai 30 anni (con scadenze intermedie a 5, 7, 10 e 15 anni). Il meccanismo è semplice: l’investitore / risparmiatore sceglie di acquistare il titolo, ricevendo in cambio un flusso di cedole di importo costante e, alla scadenza, una somma di denaro che sarà pari al valore nominale dei titoli posseduti.
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Il rendimento dei BTP
Da quanto sopra è già molto chiaro il meccanismo di rendimento dei BTP che, a differenza dei Bot pagano una cedola fissa e semestrale fino alla scadenza naturale del prestito: il tasso di interesse dei BTP viene fissato al momento dell’emissione e rimane costante per tutta la vita del titolo. I Bot, invece, hanno il loro rendimento nella differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di rimborso del titolo, pari a 100.
Come si acquistano i BTP
Così come avviene per gli altri strumenti di debito pubblico, anche l’emissione dei BTP avviene attraverso asta, generalmente nella misura di un appuntamento al mese: il meccanismo d’asta è peraltro piuttosto flessibile: non viene definito un prezzo base d’asta. Peraltro, come noto, si possono acquistare BTP anche al di fuori del mercato primario (cioè, delle aste): sarà sufficiente ricorrere al mercato telematico delle obbligazioni dei titoli di Stato, il Mot, all’interno del quale i possessori dei BTP possono scegliere di cederli sul mercato. Ne deriva che sul Mot si troveranno diversi titoli con diverse vite residue, diversi prezzi correnti e diversi rendimenti, in regime delle fluttuazioni dei tassi e delle condizioni di mercato.
Pur non riguardando la generalità degli investitori, si rammenta altresì che prima della scadenza gli investitori istituzionali possono comprare o vendere BTP anche sul mercato secondario regolamentato (MTS), purché per operazioni non inferiori a 2,5 milioni di euro, e anche sul mercato non regolamentato, over-the-counter.
Quale è il limite minimo per gli acquisti di BTP
I BTP possono essere sottoscritti – come peraltro avviene per la generalità dei titoli di Stato (sebbene vi siano altresì delle eccezioni) – con un valore nominale minimo di 1.000 euro, o un multiplo di esso.
Quali sono i vantaggi dell’acquisto di un BTP
Numerosi possono essere i vantaggi legati all’acquisto di un BTP. Innanzitutto, ricordiamo come il rischio emittente sia basso, o quasi nullo: trattandosi di titoli di debito statale, ne consegue che si tratta di strumenti finanziari a rischio minimo. Inoltre, si tratta di titoli a reddito fisso, e dunque particolarmente adatti a quegli investitori che richiedono flussi di pagamenti costanti e certi (ogni sei mesi, considerato che la cedola è – appunto – semestrale).
In aggiunta a ciò, le varie scadenze che è possibile conseguire sul mercato (in particolar modo su quello secondario) permettono all’investitore di poter pianificare dei flussi di cassa regolari durante l’intero arco dell’anno. Si consideri inoltre che i BTP sono titoli molto liquidi, e dunque facilmente vendibili sul mercato secondario telematico nel caso in cui l’investitore non desideri più disporne in portafoglio (naturalmente, in questo caso vi è il rischio che la vendita sul mercato avvenga a un prezzo inferiore alle attese).
Quali sono i rischi derivanti da un acquisto di BTP
Come abbiamo già ricordato, il rischio emittente è praticamente assente per i BTP, considerato che a costituire la controparte nell’operazione è lo Stato. Ne consegue che il principale rischio che l’investitore corre acquistando i BTP è quello di mercato, ovvero la volatilità del prezzo di un titolo in caso di vendita prima della scadenza: la volatilità (cioè, la possibilità che il prezzo del titolo oscilli anche in misura rilevante nell’arco di tempo considerato) è tanto maggiore quanto più lunga è la vita residua del titolo.
Secondo le note logiche, un innalzamento dei tassi di mercato comporterà un calo del prezzo del BTP: per eguagliare il rendimento di mercato, considerate che le cedole sono fisse, la quotazione dovrà infatti decrescere in maniera tale che l’investitore recuperi con un capital gain (o quasi!) la differenza tra il rendimento cedolare e quello di mercato. In caso contrario, nell’ipotesi di diminuzione dei tassi di mercato il prezzo del BTP tenderà a crescere.
Da quanto sopra ne deriva che i BTP a più lunga scadenza (cioè, quelli a 15 e a 30 anni) sono tendenzialmente più rischiosi di quelli a media scadenza (cioè, quelli a 3 e a 5 anni). Inoltre, considerando che la cedola è fissa, a parità di vita residua tali titoli sono tendenzialmente più rischiosi dei titoli a tasso di interesse variabile (come i CCT, rimanendo all’interno del novero dei titoli di Stato): questi ultimi possono infatti mantenere un prezzo costante, considerando che la cedola si modifica in ragione dell’evoluzione dei rendimenti di mercato, evitando di innescare i processi che sopra abbiamo riassunto.