Vivendi e Mediaset, una guida per capire quel che sta accadendo

Se tra minacce di azioni legali, azioni legali mantenute, risarcimenti danni milionari, ripensamenti repentini, dispetti e altro, non avete ancora compreso cosa stia accadendo tra Vivendi e Mediaset, è giunto il momento di colmare il gap e fare un po’ di chiarezza su un caso che potrebbe essere un cattivo esempio di lose-lose.

Chi è Vivendi

Prima di comprendere cosa sia accaduto, val la pena cercare di definire i due protagonisti. Il primo, che nella vicenda in esame avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di acquirente, è Vivendi. Vivendi è una società francese operante nel settore dei media e delle comunicazioni, con un portafoglio di attività abbastanza vasta, e con una spiccata propensione (recente) a fare shopping in Italia: a metà 2015 ha ad esempio acquistato una importante fetta azionaria in Telecom Italia, salendo gradualmente nel capitale societario dell’operatore telefonico italiano, fino a detenere quasi un quarto della torta di partecipazioni. Uomo chiave della compagnia è Vincent Bolloré, presidente del consiglio di sorveglianza, e uno degli uomini più ricchi di Francia.

Il secondo protagonista, Mediaset, dovrebbe essere invece a voi più noto: si tratta della compagnia di Cologno Monzese riconducibile alla famiglia Berlusconi, e impegnata prevalentemente nel settore televisivo free e pay-tv.

L’accordo tra le parti

Dopo un lungo corteggiamento, lo scorso 8 aprile 2016 Vivendi e Mediaset diramarono pubblicamente i termini e le condizioni dell’intesa che permetteva a Vivendi di poter entrare in possesso dell’89 per cento delle azioni di Mediaset Premium, la tv a pagamento di Mediaset, visibile mediante il digitale terrestre. Il restante 11 per cento delle azioni doveva invece rimanere nelle mani degli spagnoli di Telefonica. Apparentemente, un’operazione strategica di grande importanza, che avrebbe permesso a Mediaset di potersi orientare verso una visione più europea dei propri business, e a Bolloré di ottenere un nuovo pezzo del proprio mosaico industriale continentale.

L’accordo prevedeva infatti anche uno scambio di azioni tra Mediaset e Vivendi, che avrebbe dovuto portare entrambi i gruppi a detenere partecipazioni incrociate nella misura del 3,5 per cento. Inoltre, nel complesso accordo figuravano ulteriori dettagli che avrebbero condotto le due società a vincolare per tre anni la propria partecipazione (insomma, un tradizionale accordo di lock-up). Tra le altre righe del contratto di partnership, anche la finalizzazione entro il 30 settembre, il blocco delle operazioni di acquisto di azioni Mediaset da parte di Vivendi nel primo anno, l’impossibilità – per il secondo e il terzo anno – di detenere una partecipazione superiore al 5 per cento, e la libertà in capo a Fininvest di effettuare – direttamente o meno – degli acquisti di azioni Mediaset nei limiti che sono previsti dalle norme applicabili in materia di opa obbligatoria.

Un matrimonio sfumato

A fine luglio, però, ci si rende conto che qualcosa non va. E a rendersene conto – formalmente – è l’azienda di Cologno Monzese, che deve ammettere pubblicamente di aver ricevuto uno schema alternativo di accordo da parte di Vivendi. In sostanza, pur confermando lo scambio reciproco di una partecipazione incrociata del 3,5%, Vivendi si dichiara non più disposta ad acquistare l’89 per cento del capitale di Premium, bensì solamente il 20%. Oltre a ciò, lo schema prevede la possibilità di arrivare a detenere in tre anni circa il 15% di Mediaset (e non un “massimo” del 5%, come invece prevedeva la precedente edizione della partnership), mediante un prestito obbligazionario convertibile.

La comunicazione di Vivendi giunge particolarmente inaspettata agli occhi della maggioranza degli analisti. E, si noti, anche degli operatori di Borsa: ne è dimostrazione il fatto che nella giornata di tale annuncio, Mediaset perderà oltre il 10%. Inoltre, la comunicazione giunge anche in prossimità del 28 luglio, data nella quale Mediaset ha in programma il consiglio di amministrazione per l’approvazione della relazione semestrale.

Ma perché Vivendi ha compiuto un così consistente passo indietro? Il management della compagnia transalpina non ha dubbi: con una valutazione dei risultati di Premium così diversa da quanto stimato da Mediaset, non si può andare a vanti. Pertanto, pur con la volontà di costituire un’alleanza strategica con Mediaset, risulterebbe impossibile andare avanti per la “vecchia” strada. Di qui, ulteriormente, la volontà di riprovare a siglare un matrimonio con un accordo diverso.

Pronta la reazione di Mediaset: il Biscione ha chiuso a qualsiasi altro accordo che non fosse quello precedentemente stilato. Non solo: ha lamentato altresì il fatto che i dati relativi alla pay tv siano corretti e congrui con le precedenti valutazioni, che sono avvenute congiuntamente prima della firma, come accade per ogni assunzione di impegni. Insomma, un muro contro muro, che non avrebbe potuto che terminare nel modo che segue…

L’azione legale

Alla luce di quanto sopra, Mediaset ha annunciato di aver depositato un’azione legale contro Vivendi, con la quale cercare di ottenere soddisfazione in seguito al passo indietro compiuto dal gruppo di Bolloré. Nella domanda giudiziale si cerca di far imporre ai giudici l’azione coattiva del contratto dello scorso 8 aprile, precisando che per ogni mese di ritardo nella conclusione del contratto si domanderanno 50 milioni di euro a titolo di risarcimento dei pregiudizi, con decorrenza dallo scorso 25 luglio 2016, data in cui Mediaset ha ricevuto la comunicazione formale di Vivendi della indisponibilità a proseguire con la strada tracciata.

Non solo: nel comunicato con cui Mediaset informa di aver dato il via alle peripezie giudiziarie, la compagnia di Cologno Monzese ha precisato che la domanda riguarda esclusivamente l’azione coattiva del contratto e il risarcimento dei danni da ritardata conclusione. Per quanto concerne invece l’ipotesi che il contratto possa non concludersi – un’eventualità che evidentemente dalle parti di Cologno Monzese non vogliono ammettere – Mediaset ipotizza addirittura una richiesta di risarcimento dei danni di 1,5 miliardi di euro.

Ma cosa accadrà ora? In realtà, le possibilità che possa riprendersi una trattativa tra le parti non sono affatto escluse. Dar sfogo a una vicenda giudiziaria lunga e tortuosa non converrebbe a nessuna delle parti e, dunque, c’è da scommettere che una risoluzione extragiudiziaria possa essere gradita. Difficilmente però Bolloré compirà una nuova accelerazione in tal senso, con l’impressione che, pertanto, se di nuovo accordo si parlerà, si parlerà di una intesa al ribasso. Attenzione infine a comprendere in che modo Telecom possa essere interessata dal tutto: la compagnia telefonica, partecipata da Vivendi per circa un quarto del capitale, era stata indicata quale possibile acquirente id un pacchetto di minoranza della tv a pagamento di Mediaset. Telecom ha smentito, ma non sembra comunque essere indifferente a quel che accade in orbita Vivendi…

Esperto di trading e finanza, mi dedico alla stesura di articoli accurati e informativi, con l'obiettivo di fornire approfondimenti e conoscenze utili per orientarsi nel complesso universo degli investimenti.

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