Fare trading online spesso riesce a sorprendere per i guadagni che si riescono a fare sia che si tratti di trading in opzioni binarie sia di trading tradizionale. Nel campo degli investimenti finanziari a volte si riesce a guadagnare in un solo giorno quello che il lavoratore medio riesce a portare a casa dopo un mese di duro lavoro, si tratta di uno degli aspetti più interessanti di diventare traders, ma bisogna tenere in considerazione il fatto che non tutti i soldi che vanno ad accumularsi sul tuo conto di trading sono di tua proprietà. In pratica come in ogni attività che contempla il guadagno di denaro lo stato batte cassa e richiede la sua parte sui profitti. Qui puoi trovare una guida semplice e chiara sulla tassazione del trading online che ti permette di non trovarti in difetto dal punto di vista retributivo con i guadagni del trading.
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Tassazione nel trading online: pagare è conveniente
La tassazione nel trading online è qualcosa di particolare rispetto a quella di altre attività e comporta alcuni piccoli vantaggi da sfruttare:
- Il trading online è soggetto ad una pressione fiscale minore.
- Nel trading online non vi sono tasse o imposte fisse da pagare
- L’imponibile deve essere versato soltanto se si guadagna effettivamente
- Non vi sono obblighi burocratici e fiscali gravosi: ad esempio non bisogna aprire partita IVA, non bisogna versare i contributi all’INPS etc..
Tutte questo motivazioni rendono in generale il trading online una attività professionale molto conveniente, a patto che venga vissuta effettivamente in maniera seria. Ma ora proseguiamo in questa nostra guida sulla tassazione nel trading online.
Si paga se si guadagna
Abbiamo detto che nel trading bisogna pagare una certa cifra soltanto se si guadagna effettivamente qualcosa ossia se si riceve una “plusvalenza” dalla propria attività di investimento. Se ad esempio nell’anno solare fai un versamento sul tuo conto di 100€ e riesci a portare il totale sul tuo conto a 1000€ ecco che hai realizzato una plusvalenza di 900€, ovvero hai ottenuto un vero guadagno facendo trading, sul quale poi vengono calcolate le imposte da pagare. Se invece di fare profitti si registrano soltanto perdite non si deve pagare assolutamente nulla, ma è bene tenere conto anche delle “minusvalenze” ed a breve ti spieghiamo il perchè.
Per entrare più nello specifico parliamo del caso del Forex, tipologia di mercato e di investimenti che contempla posizioni a mercato che possono restare aperte anche per lunghissimi periodi, a volte addirittura anni, ma facciamo un esempio pratico per capire meglio quali posizioni bisogna conteggiare per pagare le tasse. Nel caso del Forex vanno conteggiate nella dichiarazione dei redditi soltanto le operazioni che sono state chiuse nell’arco dell’anno ovvero se viene aperta una posizione il 5 febbraio e viene chiusa il 7 giugno dello stesso anno va conteggiata, ma se si apre una posizione il 15 novembre ed essa viene chiusa il 5 gennaio dell’anno successivo essa non deve essere messa in conto per la dichiarazione dei redditi dell’anno precedente.
Tassazione nel trading online: un aspetto molto interessante
L’attività di trading online va dichiarata sia che si chiuda l’anno in minusvalenza sia in plusvalenza. Questo fatto è molto importante perchè se viene dichiarata una minusvalenza, ad esempio di 500€ nell’anno pretendente, se nell’anno in corso si ottiene una plusvalenza di 1000€ è possibile per il contribuente andare a sottrarre la minusvalenza dell’anno precedente alla plusvalenza della dichiarazione dei redditi in corso, quindi l’imponibile andrà versato soltanto sulla base di 500€ e non sul totale dei 1000€ guadagnati! Si tratta di un accorgimento importantissimo per risparmiare denaro che non va sottovalutato. Quindi è possibile abbattere l’imponibile con le minusvalenze sostenute in anni precedenti fino ad un massimo di 4 anni a venire. Ciò significa che se il totale delle minusvalenze è stato nel corso degli anni di 1000€ e la plusvalenza dell’anno in corso è stata di 1000€ l’imponibile sarà pari a 0!
Quanto si paga di tasse nel trading online?
La cattiva notizia è che l’imponibile è andato aumentando considerevolmente negli ultimi anni ma resta comunque accettabile, in quanto è passato dalla bassissima cifra del 12,50% ad un 20%, fino al luglio 2014 in cui è stata varata la nuova normativa che prevede una aliquota al 26% tutt’ora in vigore. L’aliquota per il calcolo della tassazione è fissa quindi non bisogna preoccuparsi dei fastidiosi scaglioni di cui bisogna tener conto quando si paga l’IRPEF. Facendo un esempio pratico, nel caso in cui durante l’anno tu riesca a fare una plusvalenza di 1000€ l’importo da versare nelle casse dello stato sarà di 260€. La cifra, come si può notare è alquanto conveniente rispetto alla tassazione di altri ambiti che può spingersi anche molto oltre.
Come pagare le tasse
I casi possibili e le modalità di pagamento sono soltanto 2 ovvero:
- Regime amministrativo: nel regime amministrativo è lo stesso intermediario che si occupa della tua posizione fiscale, ovvero il broker che in questo caso assume il ruolo di “sostituto d’imposta”. Questo significa che tu non devi preoccuparti di nulla e sarà il broker stesso a calcolare e liquidare le imposte e la cosa viene fatta in maniera automatica tutte le volte che viene chiusa una posizione.
- Regime dichiarativo: in questo caso bisogna provvedere da se ad occuparsi della propria posizione fiscale questo significa che bisogna effettuare i calcoli come abbiamo mostrato sopra e pagare le imposte al 26%. Il broker all’inizio di ogni nuovo anno invia al titolare del conto di trading una carta che riepiloga il totale di tutte le operazioni effettuate nell’anno precedente (quelle che sono state chiuse). Se per esempio si è registrata una plusvalenza bisogna riportarla nell’ambito della dichiarazione dei redditi.
Per procedere alla dichiarazione sotto il regime dichiarativo bisogna compilare il modello unico oppure il 730, per ulteriori informazioni tecniche ed aiuto è possibile rivolgersi direttamente al proprio commercialista.