Dopo l’approvazione del Jobs Act e della relativa legge delega prima delle festività natalizie, cominciano ad arrivare i primi decreti attuativi che fanno luce su una materia, quella del lavoro, che vedrà semplicemente rivoluzionate le sue norme base. I primi 2 decreti attuativi, presentati nelle ultime ore dal Governo, della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183 recante disposizioni in materia di riforma del lavoro, sono stati già approvati dal Consiglio dei Ministri.
Lasciamo perdere la tutela dei licenziamenti discriminatori, che resterà tale (nessun datore di lavoro licenzia con un’esplicita motivazione discriminatoria), dal momento che è un semplice specchietto per le allodole, e passiamo subito al succo del discorso e cioè ai licenziamenti economici. Cominciamo col dire che tale normativa varrà solo per i nuovi contratti di lavoro, per quelli stipulati in precedenza resterà in vigore quella precedente. Non esisterà più per i nuovi assunti l’obbligo della giusta causa (il famoso articolo 18 della Statuto dei Lavoratori) nel momento del licenziamento, ma motivando il tutto con una generale crisi dell’azienda o anche solo del settore di riferimento (esempio, l’informatica va male e le aziende d’informatica potranno licenziare chi e quando vogliono), si potrà procedere al licenziamento e corrispondere ai dipendenti allontanati dall’azienda 2 mensilità (prendendo come base di calcolo l’ammontare dell’ultimo stipendio percepito e senza assoggettarlo alla contribuzione previdenziale) per ogni anno lavorato, se avranno maturato in azienda almeno 2 anni di anzianità professionale.
Entriamo meglio nel cuore vicenda, spiegando bene la nuova situazione dei licenziamenti collettivi per le aziende con più di 15 dipendenti (a quelli individuali ci aveva già pensato la Fornero). Sotto ai 2 anni di lavoro, oltre a poter essere licenziati liberamente, non si avrà diritto ad alcun risarcimento, a partire dal secondo anno, si riceverà invece un’indennità dell’ammontare di 2 mesi per ogni anno lavorato (anche per i primi 2 anni di lavoro in questo caso), fino ad un massimo di 24. Quindi il risarcimento andrà da un minimo di 4 mesi (per chi ha lavorato 2 anni in azienda) ad un massimo di 24, per chi ha lavorato dai 12 anni in su in quell’azienda che ti sta licenziando. Gli anni di anzianità all’interno dell’azienda si contano considerando le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni equivalenti ad un intero mese.
Per le imprese che occupano fino a 15 dipendenti l’indennizzo previsto dalla norma è dimezzato (1 mese per ogni anno lavorato) e non potrà superare comunque il limite massimo delle sei mensilità.
Si potrà avviare una procedura di conciliazione tra dipendente e datore di lavoro, attraverso la quale l’azienda avrà la facoltà di offrire al dipendente una somma risarcitoria, non rientrante stavolta nemmeno nei redditi assoggettati a IRPEF, oltra a non essere soggetta a contribuzione previdenziale, corrispondente ad un mese per ogni anno lavorato, partendo da un minimo di 2 ed arrivando ad un massimo di 18. Il lavoratore che accetterà l’assegno, rinuncerà contestualmente ad impugnare il licenziamento davanti ad un tribunale.
E’ allucinante!
I datori di lavoro al compimento dei due anni di servizio ti butteranno fuori senza dover pagare un cent (e magari dopo ti riassumono e si riparte da zero). Il futuro è davvero roseo per le future generazioni, una vita nell’eterno precariato!
C’è da dire poi che le banche approfitteranno di questo geniale intervento normativo per non erogare piu’ nè mutui ne prestiti agli “eterni precari” e la prima conseguenza di ciò sarà l’impossibilità di poter acquistare una casa per metter su famiglia, Il risultato? Niente famiglie= niente figli=decimazione del tessuto sociale!
Ringraziamo sentitamente il governo Renzi per aver aggiunto un altro tassello fondamentale per il raggiungimento dello scopo finale di annichilire il nostro presente e distruggere il futuro dei nostri figli.